LA CELLA

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…Tuttavia quell’ingenuo Medioevo, per estorcere la confessione voluta,

ricorreva a drammatici e pittoreschi mezzi: la fune, la ruota, il fuoco,

la trebbia di ferro, l’impalamento.

Nel secolo ventesimo invece, ricorrendo all’evoluta MEDICINA e alla

non poca esperienza carceraria si è ritenuto tale concentrazione di

mezzi vigorosi superflua e ingombrante nel caso di applicazione in

massa (hanno mezzi più sottili, più incisivi, più vili….).

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….Se hai vinto il duello con la demenza, superato tutte le prove della

solitudine e hai saputo resistere, ti sei meritato la prima cella.

A questo punto ti rianimerai.

Se invece ti sei arreso presto, hai ceduto su tutto e tradito tutti, anche

allora sei maturo per la tua prima cella comune; ma sarebbe meglio non

vivere fino a quell’attimo felice, morire vincitore in un sotterraneo senza

aver firmato neppure un foglio.

Ora vedrai per la prima volta uomini che non sono tuoi nemici (almeno

che non siano delatori, ma ti sono ancor più amici..).

Ora per la prima volta altri esseri vivi che percorrono il tuo stesso

cammino, li puoi accomunare a te con la gioiosa parola NOI.

La parola che forse disprezzavi da libero, quando fu sostituita alla tua

personalità ti si rivela, adesso, dolcissima: non sei solo al mondo.

Vi sono altri saggi esseri spirituali, UOMINI (almeno speri e credi…).

….Passavano gli anni, condivisi i pancacci, marciai in colonna, lavorai

nella stessa ‘brigata’ con molte centinaia di persone e sempre questo

misterioso relè, nella creazione del quale non avevo l’ombra d’un merito,

si metteva in funzione prima ancora che io ricordassi.

Funzionava alla sola vista d’una faccia, degli occhi, al primo suono

d’una voce: o mi aprivo completamente con la persona, o aprivo solo

uno spiraglio, o mi chiudevo ermeticamente.

Fu sempre a tal punto infallibile che tutto quel tramenio dei cekisti

per procurarsi i delatori cominciò a sembrarmi futile; infatti chi accetta

di fare il traditore lo porta scritto in faccia, impresso nella voce; c’era

chi fingeva con abilità, ma puzzava pur sempre di tradimento.

E al contrario il relè mi permetteva di individuare coloro a cui potevo

confidare, fin dai primi minuti dopo averli conosciuti, le cose più

recondite, i più profondi segreti, quelli che fanno mozzare le teste.

Passai otto anni di reclusione, tre di deportazione, altri sei come

scrittore CLANDESTINO, anni non certo meno pericolosi, e per

tutti quei diciassette anni mi aprii nella maniera più inconsulta a

decine di persone senza mai sbagliare una volta.

Non ho letto nulla su tale argomento e ne scrivo qui per CHI SI

DILETTA DI PSICOLOGIA!

A me sembra che tali facoltà spirituali siano racchiuse in molti

di noi ma, figli di un secolo troppo tecnico e razionale, trascuriamo

questo miracolo, non gli permettiamo di svilupparsi.

(A. Solzenicyn, Arcipelago Gulag)

 

 
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