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…Poi vide Jimmy che sfrecciava verso un’altra porta, in fondo alla stanza;
ma si prospettava un tiro difficile, quello, tra la penombra e i bidoni che
ancora rimbalzavano in giro.
Nella pistola era rimasto un solo colpo, e non aveva il tempo di ricaricare.
Inciampò nel tentativo di rincorrere il negro, battè gli stinchi sui bidoni
saltellanti e attaccò a bestemmiare come un ossesso.
Jimmy piombò con una spallata sulla porticina di legno, senza neanche
fermarsi a vedere se fosse chiusa a chiave o no. La serratura arruginita
saltò via di schianto, e la fragile porta andò a sbattere contro il muro di
uno stretto e scurissimo passaggio che correva sotto l’edificio attiguo,
sulla Trentasettesima.
Sapeva che quel passaggio portava una serie di altri corridoi che
collegavano i seminterrati di tutti gli edifici dell’isolato. Da qualche
parte, lo incalzavano i suoi pensieri disperati, c’era di sicuro un
portinaio ancora sveglio.
Negli altri palazzi di pietra ci doveva pur essere qualche essere vivente,
qualche donna di servizio, qualche portiere di notte, qualche guardiano
notturno; degli occhi insomma, cui far vedere com’era ridotto e raccontare
la storia. Ma le uniche persone in giro sembravano essere lui e quel
poliziotto armato e impazzito, in un mondo di orrore sempre più nero.
Si mise a correre alla cieca nel buio, confidando nella buona sorte,
singhiozzando senza neanche rendersene conto, col sangue che gli
scorreva giù per il petto e si radunava in una massa tiepida e
appicicaticcia appena sopra la cintura.
Walker gli corse dietro, rimbalzando da una parete all’altra senza
mai smettere di imprecare. Dovette resistere all’irrefrenabile tentazione
di estrarre la pistola d’ordinanza e annaffiare il buio con una doccia
di pallottole calibro 38.
(Chester Himes, Corri uomo corri)