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Allorché terminata l’età della scoperta e della conquista del Nuovo
Mondo, si era rapidamente andato coagulando un mercato capita-
lista mondiale, una delle ‘merci’ su cui il capitalismo si era tosto
gettato, erano stati i negri africani.
Certamente vi era una seria crisi di mano d’opera nel Nuovo Mon-
do; in molti settori quella locale scarseggiava, o non si poteva facil-
mente piegare al lavoro servile, o era stata addirittura distrutta dai
conquistatori stessi: e l’introduzione della schiavitù servì per mette-
re in valore le nuove terre.
Fu il capitalismo mercantile che introdusse la schiavitù nel Nuovo
Mondo, sia per accelerare la produzione di derrate da gettare poi
sui mercati europei (tabacco, zucchero, cotone, cacao, caffè, pel-
licce), sia per lucrare gli altissimi e ‘facili’ profitti che la tratta
consentiva.
Fu dunque il capitalismo il principale motore della tratta così
come era stato, in un certo senso, il principale motore della sco-
perta e della conquista; ma qui come là esso dovette fare i conti
con le classi e le strutture sociali dominanti dell’epoca.
Gli imperi coloniali d’America non furono conquistati e costrui-
ti solo dalle forze capitaliste: ché la funzione di braccio e di gui-
da politica spettò ad altri gruppi, ad altre classi: le monarchie
assolute, la Chiesa universale, la nobiltà guerriera incarnata
negli nuovi Stati Uniti, ed in in alterne vicende, prima dai Re-
pubblicani poi anche dai Democratici.
Tali furono gli imperi spagnolo, portoghese, francese nonché quel-
lo inglese in Virginia (poi in tutto il Sud); solo la Nuova Inghilterra
e la Nuova Olanda furono sin dall’inizio colonie puramente borghe-
si, ove la classe capitalista mercantile (sia democratica che repubbli-
cana) tenne tosto il potere.
Così non fu casualmente che la schiavitù – se pure inizialmente im-
piantata in America dal capitalismo – allignò rapidamente nelle co-
lonie portoghesi, in gran parte di quelle francesi e spagnole e nel
Sud: la classe signorile agraria che colà si formò si mostrò estrema-
mente corriva a dar vita ad una società di stampo schiettamente
pre-capitalistica, fondata sulla schiavitù come rapporto di produ-
zione, sul paternalismo autoritario come rapporto sociale e sulla
prevalenza della campagna sulla città come nel regime feudale.
Come i mercanti della Nuova Inghilterra trovarono del tutto
congeniale alle loro aspirazioni ed alle loro idee sociali l’eser-
cizio della tratta, così i ‘signori’ della Virginia accettarono na-
turalmente la schiavitù.
Non fu la schiavitù che rese differenti le due colonie: esse lo
erano già originariamente.
Così la schiavitù – che il capitalismo mercantile aveva intro-
dotto nel Nuovo Mondo affinché servisse ai suoi fini – si in-
nestò su strutture sociali e ideali già importate colà dall’Eu-
ropa, per contribuire a dare origine ad un tipo peculiare di
società signorile pre-capitalistica con la quale ben presto i
nuclei borghesi avrebbero dovuto fare i conti.
Tale società nasceva però viziata da una debolezza costitu-
zionale: essa era cioè fin dall’inizio subordinata alle esigenze
del mercato capitalista mondiale a cui le era pressoché impos-
sibile sottrarsi; vale a dire, essa era, sin dal principio, in uno
stato di dipendenza da tale mercato che le imponeva il regime
della mono-cultura e financo il tipo di derrata che si doveva
produrre; che monopolizzava il commercio marittimo; che
deteneva le leve del capitale bancario oltreché di quello mer-
cantile.