NELLA FATTORIA INDUSTRIALE (2)

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nella fattoria industriale 2







La teoria critica ci permette di spiegare perché la presenza

a tavola di un antispecista spesso causi reazioni di rabbia.

Il gesto dei commensali, immagine microsociologica della

società, ripete il rituale del dominio sulla natura che qui si

esprime, attraverso il consumo, nella forma della sottomis-

sione dell’individuo animale come ‘vittima’.

La carne e gli altri ‘prodotti animali’ sono ‘simboli conden-

sati’ che riflettono il potere della società umana sull’animale.

Chi si sottrae alla complicità del potere sugli animali, smen-

tisce le strutture di potere interspecifiche.

 

nella fattoria industriale 2


Chi non consuma carne (ed altre parti del corpo animale)

non si siede a tavola e ciò spiega la ripravazione della socie-

tà contro i vegani, il fatto che essi vengano tacciati di ‘estre-

mismo’, di cattivo gusto e di godere di scarsa salute: essi di-

mostrano chiaramente e in modo innegabile la possibilità

di una vita senza sacrificio animale, mettendo così a rischio

il ‘sortilegio’ associato al ‘carattere di feticcio della merce’

animale (..e non…).

La decostruzione della ‘merce animale’ ne mostra il carattere

cosale come oggettivazione di rapporti e interessi sociali.

 

nella fattoria industriale 2


La prassi quotidiana del consumo di parti del corpo animale

(..e non ….), la sua permanenza storica e il suo carattere totali-

tario, lasciano poco spazio alla riflessione critica; troppo abi-

tuata la coscienza, troppo profondo il rapporto che gli animali

intrattengono con noi in quanto risorse di piacere per scopi

umani-alimentari-scientifici, troppo impermeabile a obiezioni

e trasformazioni è l’ordine sociale dei rapporti uomo-animale.

Secondo la Scuola di Francoforte, il sempre-uguale (nel nostro

caso, l’agressione all’individuo animale) rende molto difficile

per la coscienza la capacità di porsi in ascolto dell’altro.

La sottomissione degli animali, potremmo sostenere con le

parole di Adorno, appare agli uomini come l’invarianza in

quanto tale, come il sicuro possesso che, nella loro ‘vita offe-

sa’, vedono come un proprio bisogno, poiché la loro falsa

coscienza teme costantemente ‘di perdersi nell’altro’. 

La naturalizzazione del potere sociale nasconde il fatto che

esso è, in realtà, un costrutto.

 

nella fattoria industriale 2


La dissociazione dell”altro animale’ non sarebbe così radicata,

non sarebbe così permanente, se fosse un processo puramente

cognitivo.

La codificazione della dicotomia uomo-animale beneficia dei 

processi sociali che Bourdieu descrive come ‘somatizzazione

dei rapporti sociali di dominio’. Attraverso un atto di violenza

da parte del mondo sociale, i corpo individuali sono


Virtualmente forniti di un programma di percezione, di valu-

tazione, di azione (che) funziona come una seconda natura,

cioè con la forza autorevole e (apparentemente) cieca di un

istinto o di un’immagine fantastica …costruita….


Gli schemi della percezione, del giudizio e dell’azione del

mondo sociale, a cui gli individui umani subordinano in mo-

do pre-riflessivo i propri corpi socializzati, sono resi possibili

da ‘meccanismi concettuali di mantenimento’.

Per concludere dalle osservazioni di Bourdieu, si può afferma-

re che i concetti dominanti, i quali – soprattutto nelle scienze

sociali ma anche in filosofia e, entro limiti, nelle scienze natu-

rali – contrappongono antiteticamente ‘umano’ e ‘animale’,

sono distorti poiché solitamente chi li usa


Si espone a usare come strumenti di conoscenza schemi di

percezione e di pensiero che dovrebbe trattare come oggetti

di conoscenza.


….Infatti le categorie applicate hanno sempre tracciato un ….

confine tra gli ‘umani’ e gli….’animali’…… 

(Nell’albergo di Adamo)


 

nella fattoria industriale 2

 


(Il gregge si unisce…..,

così come è suo dovere,

e il buon pastore lo conta

come pecunia

del ricco padrone,

…così come si deve!

Nella notte profonda

che ora diviene

solo tormento,

il pastore comanda

al fedele cane…,

di navigare nello scuro mare.

La sua Terra deve liberare

da chi la vuol azzannare.

Per un lupo che non è più bestia,

ma solo un incubo

che attende vendetta.


Sarà che son io che li ho creati

e poi anche allevati.

I loro racconti mai morti

son diventate rocce nascoste

di tante anime sospese,

sacrificate nel folle momento

di un terremoto figlio

del loro tempo.

Sarà che son io,

che li ho visti parlare,

l’ululato muto è spirato,

soffocato nell’urlo violento

di un intero popolo

che grida contento.

Sarà che son io,

che ho visto quel vile,

sommesso chiuso nell’ovile,

e nel perimetro ristretto

vicino ad un tempio.

Di guardia solo un pastore,

cane fedele a tutte le preghiere,

….a contare i miseri agnelli,

rubati e pascolati

come tanti denari.

Pecunia di Dio

e di un cane pastore,

ora non morde ma conta le ore

mentre veglia la croce. 

(G. Lazzari, Frammenti in Rima, 8 , 62/63)





 

nella fattoria industriale 2


RACCONTI DEL MERCOLEDI’: PHYSIOLOGUS E IL ‘PAZZO’ LUPO (cronache dal Medioevo) (2)

 

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racconti della domenica 2

 

 

 

 

 

 

 



Usciti in strada, se aveste chiesto agli eruditi locali (ma non solo…)

di mostrarvi il contenuto della loro biblioteca, sarebbero stati ansio-

si di porgervi, oltre a copie del ‘Salterio’ e dell”Apocalisse’, una

copia dell’unico…grande libro ….dello ‘Physiologus’, poiché quelli

erano i libri più illuminati del tempo….

Il Physiologus era un’opera moralizzante e didattica dove gli ele-

menti della storia naturale, ovvero degli animali che studiava, ve-

getali e minerali, venivano presentati allegoricamente come riflessi

dell’ordine morale nell’universo di Dio.

La curiosità di un naturalista sugli ‘animali’ esisteva appena.

Gli ‘animali’ erano presi in considerazione in quanto fonte di cibo,

vestiario e profitto economico, in qualità di bestie da soma o di

simboli. Non ci si preoccupava troppo di separare i fatti dal fol-

klore: visto che l’animale era un oggetto, alla stregua di una pietra,

non esisteva alcun motivo per farlo. 

 

racconti della domenica 2

 

La voce di ogni animale nello Physiologus era preceduta da una

citazione tratta dalla Bibbia e seguita da una lezione morale.

Le illustrazioni di corredo, che ben poco avevano a che fare col mon-

do della natura, costituivano immaginose interpretazioni del lemma,

esso stesso concepito per adattarsi alle Sacre Scritture e produrre una

lezione morale.

 

racconti della domenica 2

 

La voce sui lupi, che vi fissa dal basso in latino, avrebbe contenuto

una storia naturale dell’animale tanto attendibile quanto efficace sa-

rebbe stata la sua zampa come cura contro il gozzo in un ospedale

moderno.

Esito a individuare nella Chiesa l’unica responsabile di tale igno-

ranza. E’ ovvio che non è questo il caso, ma inevitabilmente la Chie-

sa, controllando con forza sia la pubblicazione dei libri sia le istitu-

zioni deputate all’apprendimento, influenzò in modo profondo il

progresso della storia naturale soggiogandola al vincolo (o meglio

truffandolo) teologico e forse anche laico a idee preconcette. 

(B. Lopez, Lupi)

 

 

 

 

 

 

racconti della domenica 2

    

PEETER STUBBE (2)

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Per lungo tempo condusse una vita feroce e disumana, ora

sotto le sembianze di lupo ora sotto quelle di uomo, nelle

città e nei borghi, nei boschi e nelle foreste circostanti.

I documenti riportano che un giorno egli scorse due uomini

e una donna, che desiderava fortemente uccidere. Per poter

portare a termine questo suo diabolico intento, poiché teme-

va di essere sopraffatto dai due, dal momento che conosceva

il nome di uno di loro, usò questo stratagemma.

Corse molto innanzi sul loro cammino e si nascose alla loro

vista; non appena si avvicinarono al luogo in cui era nascosto,

chiamò per nome quello che conosceva. Questi, sentitosi chia-

mare un paio di volte per nome, pensando che fosse qualche

persona amica che si nascondeva per scherzo, lasciò la com-

pagnia e si diresse verso il luogo da cui sentiva provenire la

voce per vedere di chi si trattasse; ma appena giunse davanti

all’uomo trasformato in lupo fu ucciso e dilaniato sul posto.

Il resto della compagnia si era fermata ad aspettare il suo ri-

torno, ma poiché l’attesa si protraeva, l’altro uomo lasciò la

donna e andò alla sua ricerca.

In questo modo il licantropo poté uccidere anche la sua se-

conda vittima. 

Una donna vedendo che nessuno dei due ritornava ebbe il

sospetto che fosse loro capitata qualche disgrazia e cercò di

salvarsi fuggendo, correndo con tutte le sue forze; ma ciò

non le servì a nulla perché fu subito raggiunta da quel velo-

cissimo lupo, il quale, dopo averla violentata in un anfratto

vicino ad una roccia, la uccise in maniera estremamente cru-

dele. 

Gli uomini furono ritrovati dilaniati nel bosco, il corpo della

donna, invece, non fu mai più ritrovato: il mostro l’aveva avi-

damente divorata perché trovava dolce e delicata la sua carne.

Poi si narra, che parlò a lungo con un negromante, il Diavolo

in persona.

Così questo atroce peccatore che fu Peeter Stubbe trascorse

venticinque anni senza destare alcun sospetto di essere l’au-

tore di tali assassinii così crudeli e innaturali; in questo pe-

riodo uccise e divorò un numero incalcolabile di uomini,

donne e bambini, oltre alle pecore, agli agnelli e alle capre,

e ad altri animali; infatti quando non poteva attirare in qual-

che imboscata uomini, donne o bambini, perché i contadini

ed i pastori stavano all’erta, da bestia feroce e crudele qual

era, sfogava la sua avidità bestiale sugli animali nella ma-

niera più crudele, compiendo più atrocità di quanto sembri

credibile, anche se tutta la Germania è stata costretta ad am-

mettere la verità di questi fatti quivi narrati…… 






 

stubbe


GLI INGEGNERI DELLE ANIME, E GLI ERETICI DELLA VERITA’

Altri interventi dello stesso autore:

esami-di-coscienza-in-difesa-della-cultura.html

esami-di-coscienza-2.html

sul-crinale-dei-pini.html

i-padroni-di-ieri.html

i-piccoli-uomini-della-tundra.html

da-una-migrazione-all-altra.html

viaggio-nell-altro-mondo.html

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biagi.JPG

 









Nel museo di Istra mi sono fermato davanti a un grande quadro del Seicento.

Rappresenta una scena curiosa: si vede un duro boiardo con abiti di velluto

d’oro che, circondato dai servi, esce dalla ricca casa; uno straccione lo

avvicina con aria allucinata, e gli mostra un pezzo di carne corrotta dai vermi.

Spiega la guida:

L’uomo dalla tunica a brandelli sta dicendo al signore:’Siete voi che sfruttate

la povera gente.

Al tempo degli zar, solo ai matti era concesso di dire tutto quello che volevano’.

Al tempo degli zar certe cose, rispetto all’Europa, accadevano con ritardo,

rispetto all’Urss, avvenivano con anticipo.

L’arte della stampa, ad esempio, arrivò cento anni dopo la prima Bibbia pubblicata

da Gutemberg; la prima commedia messa in scena su un vero palcoscenico,

in un vero teatro, fu rappresentata mezzo secolo dopo la morte di Shakespeare,

ed ebbe un unico spettatore: l’imperatore Alessio.

Invece la censura, la polizia segreta, l’esilio e i lavori forzati sono passati in

eredità dai Romanov ai Soviet, senza alcuna interruzione.

Già prima dell’attuale Glavlit che decide che cosa può essere letto dai cittadini,

e che cosa va proibito, esisteva un ufficio della cancelleria privata del sovrano,

la Sezione III, che falcidiava i manoscritti.

Da un libro di fisica per le scuole fu tolta l’espressione ‘forze della materia’

perché considerata una prova di ateismo; da un ricettario eliminata la frase

‘l’aria libera è necessaria per cucinare’, perché pareva nascondesse intenzioni

sovversive; un alunno delle muse fu severamente redarguito perché

dichiarava di adorare una donna ‘sopra ogni cosa al mondo’, sentimento che

doveva essere riservato soltanto a Dio e al Trono.

C’era già anche il Samizdat, circolava la letteratura vietata: gli scrittori o

i musicisti non disponendo ancora del ciclostile e delle fotocopie, leggevano

o eseguivano le loro opere in privato.

Credo che la libertà di pensiero e il diritto di critica non abbia fatto enormi

progressi.

Nel poema di Evtusenko, La centrale idroeletrrica di Bratsk, si legge:

‘Il controllo delle coscienze è più importante di quello dei corpi’,

e anche se la rigida opinione è attribuita alle guardie dei faraoni, è onesto

ammettere che neppure quelle del KGB hanno, in materia, concezioni

tanto diverse.

Nel racconto L’operazione di Viktor Slavkin, si narra di un poeta che, per

contribuire alla campagna per l’economia della carta, scrive i suoi versi sulla

propria pelle, ma la censura interviene, e i tagli, si capisce, sono quanto

mai dolorosi.

La condizione dell’intellettuale ha sempre comportato i suoi rischi; il delitto

ideologico conduceva, una volta, alla Fortezza di Pietro e Paolo, o in

Siberia; in seguito la Lubjanka e i campi di concentramento accolsero gli

eretici.


l'idiota.jpg


Dostojevskij fu condannato a morte per avere letto pubblicamente un testo

ritenuto sovversivo: all’ultimo momento, i soldati abbassarono i fucili, e

la sentenza venne tramutata in una condanna alla deportazione.

Diceva di lui Lenin:

‘E’ ripugnante’.

E Stalin, a Milovan Gilas:

‘E’ un grande romanziere e un grande reazionario. Guasta la gioventù’.


turgenev.jpg


Turgenjev, inventore della parola e della figura del nichilista, è costretto

a espatriare.

Puskin muore in un duello provocato per ordine del despota: nei suoi versi

ha esaltato anche la libertà.

Scompare, sempre trafitto da una spada, anche Lermontov, autore dell’allusivo

‘Un eroe del nostro tempo’.


cechov01.jpg


Cechov attraversa tutta la Russia per andare a scrivere la cronaca della vita

degli esiliati nella tajga.

Tolstoj predica una forma di anarchismo cristiano universale, si batte contro

i metodi del governo, respinge i vantaggi e i pregiudizi della sua classe….

(Enzo Biagi, Russia)






 

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IN TERMINI PURAMENTE RAZIONALI

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in termini puramente razionali


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in termini puramente razionali








…Guardate questo dito…lo vedete….? Così sensibile, così

pronto ad accogliere sensazioni, così delicato nelle sue

molteplici abilità, fermo e forte a sufficienza per flettersi,

piegarsi o irrigidirsi per mezzo di leve straordinarie, eb-

bene questo dito non sono io.

Mozzatelo. 

Turturatemi se vi piace o …se volete.

Io continio a vivere. E continuerò a vivere.

 

in termini puramente razionali


E’ il corpo ad essere mutilato, non io. Lo spirito, che coin-

cide con il mio, resta intatto, e più forte di prima.

Molto bene. Ora già so che proverete a tagliarmi tutte le di-

ta. Come un tempo facevano i cinesi. Io resto ‘io’, lo spirito

rimane integro, ancor più forte del vile gesto.

Tagliatemi tutte e due le mani, lo so’, anche questo è un vostro

desiderio, tutte e due le braccia all’altezza dell’attaccatura delle

spalle, tagliatemi le gambe all’altezza dei fianchi ed io sopravvi-

verò, indomito e indistruttibile.

Forse che queste mutilazioni, queste sottrazioni di carne, tolgo-

no qualcosa al mio io?

Certamente no.

 

in termini puramente razionali


Radetemi i capelli a zero, toglietemi a rasoiate le labbra, lo so’,

anche questo come un tempo, vi piacerebbe nel sottile gioco

dello scherno, del linciaggio.

Oppure, sì, cavatemi gli occhi fino alla radice, lo ricordate, era

la vostra passione, il vostro divertimento: entro quel teschio in-

forme attaccato a un tronco mutilato e mozzo ancora vive una

cellula di carne viva che è il mio ‘io’ intatto, integro.

Ma il cuore batte ancora!

Lo senti?

 

in termini puramente razionali


Molto bene, strappatemelo.

Meglio ancora, infilate ciò che resta della mia carne in una mac-

china provvista di mille lame, fatene brandelli ed io – non capite?

IO, vale a dire lo spirito, il mistero, il fuoco vitale, la mia stessa

vita, resteranno liberi.

Io non sono perito. Solo il corpo è morto, ma il corpo non è il

mio ‘io’.

E non ti ho forse mostrato, mio caro lettore, che in epoche prece-

denti, abitando svariati e rozzi grumi di materia, sono stato

eremita, eretico e tante altre vite….

E ora mentre scrivo queste righe non resto forse Darrell Standing,

detenuto innocente nel penitenziario di Folsom…vittima di un

falso…

Io ex docente di Agronomia alla Facoltà di Agricoltura dell’Uni-

versità della…..

 

in termini puramente razionali


La materia è la grande illusione.

La materia, cioè, si manifesta nella forma e la forma è un fantasma.

Dove sono adesso quelle rocce dell’antico Egitto dove un tempo

mi sono rintanato come una bestia selvatica a sognare la città di

Dio?

Dove quei monasteri?

….Queste cose non ci sono più, perché altro non erano che forme,

manifestazioni di materia fluttuante, destinate a immergersi di

nuovo nel flusso ininterrotto delle cose.

Ora il mio discorso si fa chiaro.

Lo spirito è l’unica realtà destinata a durare.

Io sono lo spirito, e sono io che duro………… 

(J. London, Il vagabondo delle stelle)





 

in termini puramente razionali


L’ARTE DELLA FAME (dedicata ad Arturo Frizzi, Mantova 1864, Cremona 1940) (2)

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l'arte della fame (2)

 

 

 

 




Questa, a far liscio, è sì buona e perfetta

  che farìe parere bella una Creionta

  una che del suo liscio un po’ si metta

  la fa bella parere a prima gionta;

  e s’una è vecchia, gialla e poco stietta

  bianca la fa com’una stiaciat’onta

  che parerà proprio tenca infarinata

  che fuor è bianca e dentro affumata.

 

l'arte della fame (2)

 

Questa per far l’incanti e le malie

  della goccia e dogn’altra passa il segno,

  fa certi impiastri e certe mascalcie

  per tirare gli amanti al suo disegno

  e fa cogli onti certe porcarie

  che fa ire invisibil col suo ingegno

  e tante grazie Medea gli ha concesso

  che fa chi vuole entrar per ogni fesso.

 

l'arte della fame (2)

 

Se venite con noi sete felici

  guadagniarem degli scudi a migliaia

  con polvar d’erbe e bava di cornici

  canti di grilli e fummo di coccaia

  seme di felcie e malbe di radici

  suchio di fune e latte di ficaia,

  guadagniarem un tesoro di quatrini

  con vostre forme da’ putti piccini.

 

l'arte della fame (2)

 

Riposarenci per queste villate

  tutti insieme a spassar i nostri affanni,

  ballar faremo le cavalle stroppiate

  facendo chi missere e chi Giovanni;

  e quando tese trovarem le bucate

  le stenderemo e riporremo i panni

  e se cavalli trovarem ne’ prati

  gli merrem via perché non sien rubbati.

 

l'arte della fame (2)

 

Or non vo’ più grachiar perch’io so’ stracco

  voi siete furbe e so che m’intenderete

  venite tutte quante a far un branco,

  è tutto perso il tempo che perderete,

  tutto ‘l ben che lassate avete manco

  e racquistarlo mai più potarete;

  e chi vi giova esser belle e delicate

  se ‘l ben ch’avete non l’adoperate?

 

l'arte della fame (2)

 

Può far il Ciel che siate sì stinate,

  dirò che voi voliate la pastura;

  ve ne ridete? Oh che non vi spacciate

  el venir qui da noi per la ventura,

  se la ventura a noi ci dimostrate

  terrem tal grazia da nostra natura;

  non vo’ più dir cavelle perché voi

  sete più furbe assai che non siam noi.

 

   …Li zingari cantano la canzona di sopra

 

l'arte della fame (2)

 

E’ non bisogna più cantar né dire,

  non vedete che son tutte stinate

  non curate gli amanti far morire

  ladroncellazze, furbarelle ingrate;

  or vi lassiam che ci voliam partire

  fate de’ Rozzi almen vi ricordiate,

  e da che non gli avete consolati

  Vi prego che vi sien raccomandati. 

(Biblioteca comunale degli Intronati, Siena, Raccolta di diverse

rime delli dotti Rozzi)


 

 

 

 

l'arte della fame (2)

  

NELL’AL DI LA’

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– Sono venuti a prendermi per andare a ballare,

ma tu resti qua! gli disse un giorno.

– Una danza yonna era stata organizzata.

Tutti gli yoluja vi erano invitati.

– Vengo con te!

disse il goajiro.

Volle seguirla.

– Là mi faranno delle cose che non ti piacerà vedere!


Il luogo del ballo era illuminato.

Molte persone vestite di rosso danzavano.

Tutto sembrava rosso.

Qualcuno suonava il tamburo.


I danzatori si fermarono per riposarsi.

Alcuni si diressero verso una casa.

Nelle amache potevano distendersi.


– Aspettami qui!

disse la donna.

Ma il goajiro insistette per seguirla.

Insieme, fecero qualche passo in più,

fino ad un’altra casa.

– Ora tu resta qua!

Ti porterò del cibo!


Questa volta il goajiro la lasciò andare…..


Subito dopo,

dei giovani le si avvicinarono.

L’abbracciarono.

La baciarono sulla bocca…


Il goajiro si era sporto,

per vedere meglio.

Ne fu molto ferito.

Fece un mezzo giro

e tornò verso la casa.


La donnasi cambiò d’abito,

e si rimise a danzare.

Suo marito non la perdeva di vista….


Verso mezzogiorno,

ella gli portò un grosso melone.

– Mangia con me!

le disse.

– No! Non voglio nulla, ho già mangiato.

Lui insistette,

ed ella divise il suo pasto con lui all’interno della casa.

Poi se ne andò e si rimise a danzare.


Il goajiro era seduto,

ma nessuno lo avvicinava.


Quando cadde la notte,

si precipitò verso il ballo.

Ma quando volle danzare,

tutti i presenti fuggirono

perché era sveglio,

perché era vivo.


La sua sposa danzò tutta la notte.

Lui la cercò,

ma non la trovò.

Alcune donne erano distese,

con le gambe divaricate….

Tutta la notte rimasero separati.


(prosegue…..)

(M. Perrin, Il sentiero degli Indiani morti)







 

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PROCESSI INQUISITORIALI (3)

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processi inquisitoriali 3








(precedente processi-inquisitoriali-2.html) Mentre tutti

erano sbalorditi, il commissario pubblicò che accordava

una somma di denaro a chiunque gli ricondurrebbe la

strega.

Gliela presentarono dopo due giorni alcuni pastori che

l’avevano arrestata. Il commissario le chiese perché non

fosse volata tanto lontano da sottrarsi a coloro che la

cercavano.

Al che rispose che il suo padrone non aveva voluto por-

tarla più in là di tre leghe e l’aveva lasciata nella campa-

gna in cui fu trovata dai pastori.

Le centocinquanta streghe furono consegnate all’Inqui-

sizione d’Eytella; e nè l’unguento nè il demonio poterono

dar loro le ali per sottrarsi al gastigo di dugento colpi di

sferza ed a più anni di carcere.

Per quanto sia rispettabile l’autorità di Sandoval, non m’-

indurrò mai a credere che la vecchia abbia volato. Vero è

peraltro che in molti processi trovansi le confessioni degl’-

imputati d’avere e volato e fatto cose ancora più meravi-

gliose; ma io credo che avessero perduto il senno per la

forza dell’illusione, e che una tale alienazione desse realtà

alle imaginazioni della fantasia.

Tali stravaganze si moltiplicarono a dismisura nella pro-

vincia di Biscaglia: onde Carlo V, persuadendosi che

fossero l’effetto dell’ignoranza in cui erano lasciati que’-

popoli, scriveva nel 1527 al vescovo di Calahorra di man-

dare in tutti i paesi esperti predicatori che insegnassero

la dottrina cristiana ed i dommi della religione intorno

a quest’argomento. 

Sgraziatamente non era facil cosa il trovare ministri ab-

bastanza dotti per dimostrare alle anime troppo credule

che nelle operazioni de’ maliardi non eravi che illusione;

perciocchè coloro che godevano a que’ tempi opinione

di grande dottrina credevano veri gli effetti imaginari

della magia.

(P. Tamburini, Storie dell’Inquisizione)





 

processi inquisitoriali 3

 

PROIBITI

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L’ultimo orrendo et acerbo eretico libro et non solo

 

proibiti


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Sito et lochi orrenti et diabolici

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proibiti









….. Ma si sa, questi versi scialbi e incolori hanno più importanza

di documento che di poesia, anche perché di poesia Fazio non se

ne intendeva molto.

Ed eccoci a un altro poeta toscano, il Pulci, che può cantare le ric-

chezze negromantiche del lago per averlo visitato personalmente.

Il suo sentimento verso le arti occulte qui oscilla fra il ‘bel gioco’

e l’appassionata curiosità, più volte peccaminosamwente soddis-

fatta.

Egli nel suo ‘Morgante maggiore’, discorrendo in generale sulla

licealità e sul potere della magia e degli incantesimi, a un certo

punto esclama:


Così vo discoprendo a poco a poco

Ch’io sono stato al Monte di Sibilla,

Che mi pareva alcun tempo un bel gioco;

ancor resta nel cor qualche scintilla

Di riveder le tanto incantate acque,

Dove già l’ascolan Cecco mi piacque.


E Moco e Scarbo e Marmores allora

E l’osso biforcato che si schiuse

Cercavo, come fa chi s’innamora;

Questo era il mio Parnaso e le mie Muse;

E dicone mia colpa e so che ancora

Convien che al gran Minos io me ne scuse,

E ricognosca il ver con gli altri erranti,

Piromanti, idromanti e geomanti

(c. XXIV, stanze 112-13)


 

proibiti



E’ chiaro che il Pulci cercava i segreti della magia studiando

l’ ‘Acerba’ di Cecco d’Ascoli, perché i nomi Moco, Scarbo e

Marmores sono quelli misteriosi degli indovini, ricordati

appunto dal poeta ascolano, insieme con ‘l’osso biforcato’,

che è l’osso pettorale del gallo.

Il Pulci dovette avere una bella ‘cotta’ per la magia, se fece

con essa ‘come fa chi s’innamora’.

La sicurezza del linguaggio negromantico lo conferma, specie

in quell’ultimo verso disteso a galoppo di focoso puledro:


Piromanti, idromanti e geomanti…..


Tutta gente diabolica, protesa a prevedere futuro dal guizzo

delle fiamme e dalle code delle meteore ignee e delle stelle,

e con loro in grotte scure a rimeggiare e …cercare: studiare il

comportamento bizzarro delle acque o da segni cabalistici sul

terreno……protesi nel proprio primo e primordiale ….sé…..

(G. Santarelli, Le Leggende dei Monti Sibillini)









 

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