ALAN TURING (2)

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alan turing 2







Se si riflette su ciò che Turing potrebbe aver voluto dire con

questo delicato tocco, vi si trovano accennati proprio quasi

tutti i principali temi filosofici connessi con l’I.A.


Il nuovo problema ha il vantaggio di tracciare una linea di

separazione abbastanza netta tra le capacità fisiche e quelle

intellettuali dell’uomo….

Non desideriamo penalizzare la macchina per la sua incapa-

cità di brillare in un concorso di bellezza (o di poesia), né

penalizzare un uomo perché perde una corsa contro un aero-

plano.


Una delle soddisfazioni che dà la lettura di questo articolo è

di vedere quanto lontano Turing si sia spinto su ciascuna linea

di pensiero, presentando un’apparente contraddizione a un 

certo livello e, dopo aver affilato i suoi concetti, risolvendola

a un livello di analisi più profondo.

Grazie a questa penetrante analisi degli argomenti, l’articolo

risplende ancora, dopo più di trent’anni di straordinari progres-

si nello sviluppo dei calcolatori e d’intenso lavoro in I.A.

Nella breve citazione che segue si può vedere qualcosa di ques-

to ricco lavorio d’idee in ogni direzione:


Il gioco può forse essere criticato sulla base del fatto che le pos-

sibilità sono troppo nettamente a sfavore della macchina. Se l’-

uomo dovesse fingere di essere la macchina, farebbe certamente

una ben misera figura. Sarebbe tradito immediatamente dalla

sua lentezza e imprecisione nell’aritmetica. Non potrebbe darsi

che le macchine si comportino in una maniera che non può non

essere descritta come pensiero, ma che è molto differente da

quanto fa un essere umano?

Questa obiezione è molto forte, ma almeno possiamo dire che,

cionostante si può costruire una macchina in grado di giocare

soddisfacentemente il gioco dell’imitazione……

….Si potrebbe inoltre obiettare che, giocando il ‘gioco dell’imita-

zione’……………

.…..Le macchine possono pensare?…………………


(D.R. Hofstadter, Godel, Escher, Bach)




 

alan turing 2

 

PREVISIONI

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Secondo l’immagine popolare della scienza, tutto è, per principio,

prevedibile e controllabile (nella visione distorta di questa ed altre

discipline); e se qualche evento o processo non è prevedibile e

controllabile allo stato attuale delle nostre conoscenze, un lieve

aumento della conoscenza e, soprattutto, della tecnologia ci metterà

in grado di prevedere e controllare e manipolare le variabili,

ribelli (e non..).

 

previsioni


Quest’ opinione è errata, non soltanto nei particolari, ma anche nel

principio.

E’ anzi possibile definire ampie classi di fenomeni in cui la previsione

e il controllo sono semplicemente impossibili per ragioni fondamentali

e comprensibilissime. 

 

previsioni


Una catena sottoposta a tensione si spezzerà nel suo anello più debole.

Questo lo si può prevedere.

Ciò che è difficile è individuare l’anello più debole prima che si spezzi.

Possiamo conoscere la cosa generale, ma è la cosa specifica che ci sfugge.

Vi sono catene costruite per spezzarsi ad una certa tensione e in un

certo punto dell’anello; ma una buona catena è omogenea e non

permette alcuna previsione. E non potendo sapere qual’è l’anello più

debole, non possiamo neppure sapere con precisione quanta 

tensione occorrerà per spezzare la catena. 

 

previsioni


Quanto finora detto è per molti versi pertinente alla teoria della

storia, alla filosofia su cui si fonda la teoria evoluzionistica e,

in generale, alla nostra comprensione del mondo in cui viviamo.

Nella teoria della storia, la filosofia marxista sostiene, seguendo

Tolstoj, che i grandi uomini che sono stati i nuclei storici di profondi

cambiamenti o invenzioni sociali erano in un certo senso marginali

ai cambiamenti che hanno fatto precipitare.

Si sostiene, ad esempio che nel 1859 il mondo occidentale era maturo

(forse più che maturo) per creare e ricevere una teoria dell’evoluzione

che riflettesse e giustificasse l’etica della Rivoluzione industriale.

Da questo punto di vista, si potrebbe far apparire poco importante

lo stesso Darwin. Se non fosse stato lui a formulare la sua teoria,

qualcun altro ne avrebbe formulata una simile nel giro di cinque

anni.


 previsioni


E in affetti il parallelismo fra la teoria di A. Russell Wallace e quella

di Darwin sembrerebbe a prima vista confortare questa opinione.

I marxisti, se ho ben capito, sosterrebbero che deve necessariamente

esistere un anello più debole, che in presenza di determinate forze

o tensioni sociali certi individui saranno i primi a iniziare una certa

tendenza, e che non importa chi essi siano.

E’ chiaro invece, che la cosa ha importanza.

 

previsioni


Se l’iniziatore fosse stato Wallace, invece di Darwin, oggi avremmo

una teoria dell’evoluzione molto diversa. In seguito al parallelismo

tracciato da Wallace tra la macchina a vapore con regolatore e il

processo di selezione naturale, tutto il movimento cibernetico sarebbe

forse potuto cominciare cent’anni prima. O forse questo grande passo

teorico sarebbe potuto avvenire in Francia, come conseguenza delle

idee di Claude Bernard, il quale, verso la fine del secolo scorso, scoprì

ciò che più tardi si sarebbe chiamato ‘omeostasi’ del corpo.

Egli osservò che l’ambiente interno, era equilibrato, cioè si autocorreg-

geva.

Sono convinto che sia una sciocchezza affermare che non ha importanza

quale singolo uomo sia stato il nucleo del cambiamento.

E’ appunto questo che rende la storia futura imprevedibile.

L’errore marxista non è altro che una grossolana confusione di tipi

logici, una confusione tra l’individuo e la classe. 

(G. Bateson, Mente e Natura)




 

 

previsioni

  

CORSA ALLA VETTA (l’industria scala la cima)

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Il grande eretico della montagna…

O natura, se ti sto innanzi solo come uomo, allora vale la pena d’essere un uomo!

In tali momenti di solitudine, ci sentiamo così selvatici, quasi simili agli uomini-

fiere superbi e liberi delle epoche primordiali, non inciviliti, e vorremmo ancora

una volta porre il problema sul valore di ogni civiltà, ma con più risolutezza e

profondità di quanto fece il Rousseau.

Già molti di noi sono diventati malati di cultura.

Gli alpinisti schietti sono nemici di tutte le ferrovie di montagna, degli hotel

alpini con camerieri in marsina, di ogni trasformazione artificiosa della rude

natura montana, perché l’esilio dei fuggiaschi della civiltà viene sempre più

a restringersi con siffatte apparenti migliorie.

Il piano di quell’inglese non era scherzoso che per due terzi: si voleva fondare

una società alpina di nichilisti che nell’alta montagna vera e propria distruggesse

tutte le funi di protezione, le funicolari sulle rocce, facesse saltare le vie create

artificiosamente e incenerire i rifugi, per ripristinare ancora la castità selvaggia

dei monti.


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Un altro contrasto beneficio ci offre lo sport alpino con la vita borghese

addomesticata. Quando per tutta l’annata siamo stati così corretti, in una

serietà solenne abbiamo mantenuto la dignità dell’ufficio con maschera di ferro,

saremmo ben lieti di passare finalmente un paio di settimane da ragazzacci

scamiciati, di poter fare delle bravate che non servono a nulla.

E ci prende un umore così deliziosamente demolitore delle scuole e quanto

più sono proibite le vie sulle quali c’inerpichiamo, tanto più ci sono preziose.

Anche un amore del tutto nuovo per la natura ispira i moderni.

La nostra pittura di paesaggio ha carpito alla luce, all’aria, alla terra e all’

acqua dei fascini delicati, mai prima conosciuti, è penetrata in profondità che

non si erano ancora svelate ad occhio umano. Gli alpinisti sono i ghiottoni

di queste orge di natura appartate; non cercano la natura dove fornisce

agli uomini il pacifico animale domestico e pasce luoghi comuni, ma dove

sta in agguato come una belva nel deserto o si precipita su di noi ruggendo

con una crudeltà stupenda.

(E. Guido Lammer, Fontana di Giovinezza)





 

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QUARTA POESIA

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Sulla terra ove incedi la gota noi ben cento volte ponemmo:

l’ipocrita faccia del volgo a distanza ponemmo.

Il peso del mondo noi non caricammo su debole cuore:

noi quel peso, legato d’un solo capello, da parte ponemmo.

Sulla strada di coppa e coppiere dal volto di luna,

arco e volta di scuola, discorsi eruditi ponemmo.

Noi non con l’esercito ci conquistammo salvezza qual regno:

sopra trono regale con forza di braccio noi non ci ponemmo.

Magia d’occhio amico che giochi fa mai? Noi ben ferme

le nostre basi su sguardo fugace di mago ponemmo.

Senza i vezzi di quel narciso in gran pena

sulle ginocchia, noi simili a viola, noi fervido capo ponemmo.

Come quelli che osservan la luna, alla festa d’unione sperando,

su quei sopraccigli noi supplici gli occhi ponemmo.

‘Ma dove, poeta’, mi chiedo, ‘sta quel cuore vagante?’

Negli anelli dei riccioli curvi, ecco, là lo ponemmo.

(Hafez)





 

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80 GIORNI PER IL GIRO DEL MONDO (6)

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….Transamericano per le pianure gelate del Middle West.

E la cosa vien fatta nonostante gli scherzi mancini del poliziotto Fix

tanto tenace e ostinato quanto il suo inconsapevole avversario.

Questo solerte detective convinto di avere in mano l’autore di un grosso

furto compiuto ai danni della Banca d’Inghilterra, compie anche lui

il giro in 80 giorni alle costole del distinto membro del Reform Club,

senza risultato pratico che un bel saggio di pugilato francese ai suoi

danni da parte di Gambalesta, in un punto imprecisato dell’Oceano

Pacifico, e un altrettanto perfetto saggio di pugilato inglese da parte

dello stesso Fogg negli uffici di polizia di Liverpool, nonché un campione

di pugni americani in un meeting di San Francisco per l’elezione del

giudice di pace.


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Un fatto imprevisto risolve trionfalmente l’avventuroso viaggio del

gentiluomo, per il quale l’imprevisto non esisteva. Quando, giunto a

Londra un giorno prima del termine fissato, per via del viaggio compiuto

in senso contrario al movimento apparente del sole, Fogg è convinto

di aver mancato la vittoria per un ritardo di dieci minuti, l’inattesa offerta

di matrimonio di mistress Auda, la vedova parsi con gli occhi ‘limpidi

come i laghi dell’Himalaia’ porta Gambalesta, uscito in cerca di un

sacerdote, a scoprire all’ultimo momento che il calendario del suo esattissimo

padrone anticipava di un giorno su quello del Regno Unito.

La bella avventura ha quindi un lieto fine nel lieto mondo che marciava

con sereno ottimismo come un espresso a vapore senza sapere che davanti,

in un punto qualsiasi, mancava un pezzo di binario….


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(…Ho riproposto a voi questo lontano articolo del 953, per rintracciare quel

pezzo di binario mancante, quando lo stesso articolo è qui riportato alla

vigilia, ma che dico, alla convergenza di interessi di tanti e troppi stati, che

uniti nell’intento di una, dicono risoluzione interventista, portano la pace

con la guerra, alla data odierna di un futuro sperato.

Fra gli innumerevoli focolai che infiammano il mondo intero, nel momento

in cui scrivo, la situazione alquanto delicata della Libia, ed il suo dittatore,

fino a qualche giorno fa, portato ad esempio di una rinnovata emancipazione

all’interno della lega Araba, desta l’attenzione internazionale.

Ed ecco come per incanto che il signor Fogg, si appresta di nuovo ad affrontare

il giro del mondo. Questo giramondo, in realtà, è distante mille miglia dalla

bontà creativa dall’utopismo del genio di Verne, il quale aveva una visione

del mondo compresi i cittadini che lo abitano, ed i suoi lettori, sicuramente più

ottimistica e felice; guardava cioè al futuro, immagginandolo fra l’altro con

ammirata fantasia ed intuizione, con egualitario ottimismo di una civiltà che

volgendo al progresso può cancellare divari, fra ricchi e poveri, fra paesi incivili

e quelli forse più civili.

La realtà odierna rispetto quella di allora era ed è sicuramente differente,

peggiore. Fino alla tristi vicende in cui il sogno utopistico di Fogg si confonde

del tutto in un interesse immutato di rinascita coloniale di Conradiana

memoria, dove i due diversi schieramenti hanno trovato conferma delle

loro perenni divergenze e visioni di una stessa società, in eventi apocalittici,

e dove il ricordo storico del Medioevo riprende il suo insperato vigore.

Certamente il signor Fogg non si troverebbe a suo agio, in questa situazione

dove il progresso è confuso con la più inutile guerra, dove il mai morto

colonialismo ha abdicato il passo ad un conflitto senza coscienza e senza

diritto alcuno. Dove il petrolio è l’unica grazia e Graal per ogni nefandezza,

dall’uno all’altro schieramento. Preferisco allora immaginare il mondo, e le

avventure in esso, come le descrive la penna di Verne, e trasporle per quanto

mi è possibile a voi, pur adoperando mezzi moderni per apportare un sogno

non dico antico o antiquato, ma sicuramente più sano, che gli stessi mezzi

offrono quotidianamente per un sogno onirico artificioso e malsano per cui

molto spesso si uccide e confonde.

Viaggiare in quel modo permette ancora di sognare, così come speravano i

nostri nonni; adesso il ‘nuovo Fogg’, viaggia come sempre ha fatto, ma per

intenti e scopi diversi, dove gli interessi e le finalità non sono quelle di un

gentiluomo armato del suo sano utopismo, ma bensì intenti e scopi utilitaristici

giustificati da cavilli burocratici, i quali per gli stessi motivi, e artificiose nonché

cavillose fandonie si apporta il terrore, la morte, la distruzione, la più nera

distruzione, solo per il nero…oro nero!

Certo da questo articolo del 953 e conseguente rivoluzione industriale sono stati

fatti passi da gigante, ed oggi da quel giro del mondo e il sogno che celava, si sono

rivelati per diversi intenti economici e motivi, ben altri viaggi.

Ben altri viaggi la macchina portentosa del vapore ha stimolato, motivato,

suscitato, finanziato nelle segrete viscere della terra, scordando della sua Anima,

e della sua certa provenienza, per altri tesori o ori nascosti.

Lo chiamano oro nero.

Li chiamano residui tossici di scorie nucleari, che famigerati batteri potrebbero

distruggere, e appenano di conseguenza gli animi degli intrepidi ‘nuovi

viaggiatori’.

Anche io ho sognato con Verne, ed ancora oggi, come allora, mi entusiasmo a

rileggere le sue pagine. Mi entusiasma il ricordo che mi divide fra la fantasia di

quei viaggi, e l’attuale stimolata da nuovi ed intraprendenti viaggiatori.

L’odierno viaggiare non conosce più ostacoli nella sua quotidiana esperienza,

non è più avventura, è comoda consuetudine in cabine extra lusso pressurizzate,

con schermi al plasma 20 pollici a stimolare una fantasia cerebrale persa nelle

pieghe del nuovo progresso. Dove turisti ipertecnologici si affannano in schermi

al plasma dimenticando il costo ed il sacrificio di quanto a loro concesso, ma

soprattutto dimenticando o forse non avendolo mai conosciuto, tradendo per

sempre il sogno di Verne ed del suo Fogg.

I tempi si sono ridotti, a dispetto della Povera Terra martoriata da incresciosi e

intraprendenti personaggi, che con i gentiluomini di un tempo, poco o nulla

hanno da condividere, eccetto che strane coincidenze linguistiche. Ed eccetto

che, datate abitudini da circolo privato dove il conto bancario sembra mai

estinguersi, proprio per quell’innata capacità di considerare il mondo non

come una scommessa contro il tempo, il luogo, le genti ed altro, ma bensì come

l’arte di manipolare lo stesso per le proprie esigenze personali unite agli

interessi di una classe sociale elevata che si racconta paladina di un mondo

civile contro un ‘altro’ incivile…ed i loro strani dittatori.

La martoriata Terra, che per farci sognare ancora, deve sacrificare la sua

Anima, il suo principio, la sua natura, ed il viaggio si riduce ad un fenomeno

‘onirico’ o peggio …’digitale’, di cui la mente rimane vittima di una condizione

‘neurologica’ passiva, dove si subisce il fascino di un viaggio lisergico in 3D,

completamente estraneo al mondo circostante.

Preferisco ben altri ‘viaggi’, ‘traguardi’, ‘sfide’, che sappiano mantenere inalterati

stimoli e passioni, creatività, ed emozioni, così come all’inizio dei tempi Madre

Natura e con essa l’Universo artefice del principio della vita…..

L’universo…non….

Il curatore del blog……24/03/2011)






 

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80 GIORNI PER IL GIRO DEL MONDO (4)

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Del signor Fogg esquire i suoi compatrioti non sapevano altro che

era membro del Reform Club, ove trascorreva con cronometrica

esattezza quattordici delle ventiquattro ore di ogni giorno.

Fisicamente si diceva che rassomigliasse a Byron – nella testa poiché

era senza difetti ai piedi -. Le sue uniche occupazioni erano la

lettura dei quotidiani e il gioco del whist.

La sua capacità più spiccata pare dovesse essere quella di dissertare

con sobria esattezza di argomenti geografici, ‘certo era un uomo che

aveva dovuto viaggiare dappertutto, per lo meno in ispirito…’.

La monotona esattezza con cui regolava i suoi atti, gli aveva procurato

fama di eccentrico.


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La regolarità con la quale destinava le sue vincite al gioco ad opere di

carità facevano supporre che avesse nobile sentire. Che fosse uomo d’

onore restava sottointeso, avendo egli la duplice qualità di gentiluomo

britannico e di membro del Reform Club.

La sua sostanza ammontava a 40.000 sterline depositate presso i Fratelli

Baring. La metà le arrischia alla pari nella nota scommessa, 19.000 ne spende

per portare a termine il viaggio.

Poiché era di quella razza di inglesi che fanno visitare dal loro servo i paesi

che essi attraversano, per la maggior parte del viaggio regola le sue occupazioni

sostituendo soltanto lo studio del Bradshaw alla lettura dei quotidiani:

il whist resta la sua attività preminente.

Ma Verne nel tratteggiare con una certa bonaria ironia il suo personaggio gli

ha dato le due qualità che dell’opinione comune andavano unite al ritratto

ideale del gentlemen britannico: non stupirsi mai di nulla e saper stupire

gli altri.

E’ questa regola dell’eccentricità che i contemporanei di Verne ritenevano

patrimonio ereditario dei cittadini britannici di classe elevata.

(continua….)





 

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80 GIORNI PER IL GIRO DEL MONDO (2)

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La prima volta che venne circondata tutta la balla del mondo, per dirla

con il Ramusio, fu soltanto poco più di quattro secoli, fa.

Fu una impresa grande e tragica che procurò al suo sfortunato protagonista

fama di essere stato il più grande navigatore di tutti i tempi.

Ferdinando Magellano, portoghese, era partito con navi spagnole e al servizio

della Spagna il 20 settembre 1519 dal porto di San Lucar di Barrameda.

Diaciannove mesi dopo l capitano generale moriva in combattimento all’isola

di Mactan. E appena il 6 settembre 1522, una sola delle cinque navi della

spedizione, la Victoria, un guscio di noce, con a bordo diciotto superstiti dei

239 marinai e ufficiali partiti, ritornava al porto di San Lucar guidati da

Sebastiano del Cano. Il viaggio era durato poco meno di tre anni ed era

stato compiuto seguendo il cammino del sole, da oriente verso occidente,

seguendo la costa dell’America meridionale, percorrendo lo stretto che

porta ancora il nome del valoroso capitano generale, attraversando l’

Oceano Pacifico e riguadagnando l’Europa dopo aver doppiato il Capo

di Buona Speranza.

La spedizione, che fu probabilmente la più importante impresa geografica

dopo la prima navigazione di Colombo, diede, a conti fatti, anche un utile

commerciale. I 533 quintali di garofani portati in Spagna, nella stiva della

Victoria, dalle isole delle spezie, bastarono a ripagare, con ampio margine,

le perdite di beni e di navi.


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Fra i 18 superstiti della Victoria v’era anche quell’Antonio Pigafetta, patrizio

vicentino e cavalier di Rodi, che diè conto per iscritto del viaggio notando

anche il singolare fenomeno dello spostamento della data, che permise al

Verne di architettare il finale a sorpresa del suo romanzo e al suo eroe di

vincere la grossa scommessa che l’ottusa solerzia del poliziotto sembrava

avergli fatto perdere per dieci minuti.

Giunto alle Isole di Capo Verde il Pigafetta, che aveva compiuto il giro del

globo verso occidente, si accorse che il calendario di bordo era in ritardo di

un giorno rispetto a quello degli isolani.

– Incaricammo i nostri del battello di chiedere, quando andavano a terra,

che giorno fosse: e ci dissero che per i Portoghesi era giovedì. Ci meravigliammo

molto perché per noi era mercoledì e non potevamo capire come mai avessimo

errato……

(continua…..)




 

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NEGLI STESSI ANNI (leggende del West: Butch Cassidy & Sundance Kid)

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A diciotto anni, Parker lasciò la sua casa per trasferirsi a Telluride, nel

Colorado, una città mineraria dove trovarono diversi ragazzi irrequieti

provenienti dallo Utah.

Lì fece amicizia con due dei peggiori ‘cattivi ragazzi’, Tom McCarty e

Matt Warner, il cui lussuoso stile di vita veniva guardato con molta

ammirazione da parte dei contadini della Circle Valley.


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I due formavano il nucleo della ‘banda McCarty’ e il loro lusso era frutto

di rapine in banca.

Il 24 giugno 1889, Robert Leroy Parker si unì ai due banditi in una rapina

alla banca della Valle di San Miguel, a Telluride. Per fare il colpo, usarono

il classico schema a tre uomini che avrebbero continuato a perfezionare nel

corso degli anni. La tattica prevedeva che un uomo tenesse i cavalli, un altro

la pistola, mentre il terzo doveva prendere i soldi.

Con qualche migliaio di dollari in più in tasca i tre presero direzioni opposte.

Parker andò a nord, verso la zona conosciuta come Brown’s Park, l’arido


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e desolato territorio dove il Green River scorre lungo i confini tra lo Utah,

il Colorado e il Wyoming.


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Aveva sentito dire che i fuorilegge vi andavano a nascondersi e, per la

prima volta nella sua vita, si rese conto di aver superato la linea che divide

i ladruncoli occasionali dai veri e propri banditi.

Cosa ne fece dei soldi rubati durante i mesi in cui si fermò in quella zona

non è chiaro. Alcuni andarono sicuramente in vestiti, selle e altre attrezzature

per il cavallo, e per un paio di mesi Parker alloggiò alla fattoria dei Bassett,

per le cui due figlie aveva una particolare predilezione.

Rimasto a corto di denaro, si trasferì a Rock Springs, nel Wyoming, e andò

a lavorare nella macelleria di William Gottsche. Adottò lo pseudonimo Ed

Cassidy, come Mike Cassidy, il ‘cattivo maestro’ della sua giovinezza.

Ma la gente di Rock Springs lo soprannominò subito Butch Cassidy, nome

con cui Robert LeRoy Parker fu chiamato fino alla leggendaria sparatoria

in Bolivia in cui perse la vita.


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Durante il periodo trascorso tra Rock Springs e Brown’s Park, Butch incontrò

i futuri membri della sua banda, il ‘mucchio selvaggio’.

Tra questi c’erano Harvey, soprannominato Kid Curry,


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Bill Carver,


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Ben, detto ‘lungo texano’, Kilpatrick,


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Deaf Charles Hanks, Harry Tracy,


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Bob Meeks, e Elzy Lay,


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che probabilmente fu più vicino a Butch di quanto in realtà

non fu Sundance.

(Dee Brown, Lungo le rive del Colorado)





 

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DEMONI E SQUILIBRI (14)

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il-viaggio.html



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Questo libro con il suo titolo curioso ‘Esplorazioni evolutive’ sollecita

nuove domande sull’universo.

Non che ogni cosa sia nascosta e che la scienza debba scovare gli

enigmi portando alla luce fatti ignoti, anche se spesso capita che

la scienza proceda in modo tale da scoprire fatti nuovi. Piuttosto, può

darsi che il mondo sia brutalmente davanti ai nostri occhi, ma che, di esso,

ci manchino le domande che ci consentirebbero di vedere. Circolano

racconti, ma forse si limitano a essere tali, sulla reazione dei nativi caraibici

davanti alle prime navi spagnole, navi che essi non vedevano.

Di esse infatti non possedevano alcun concetto.

Brutalmente davanti a noi: la chiusura delle attività catalitiche e delle

attività di lavoro in un agente autonomo, mediante cui esso costruisce

una seconda copia grezza di se stesso da piccoli mattoni, collegando

con abilità processi esoergonici endoergonici.

Una cellula, o una colonia di cellule, sta propagando questa organizzazione

di processo.

Prenderò le mosse dal ‘demone di Maxwell’ e dalla ragione per cui la

misurazione di un sistema è remunerativa solo in una situazione di non

equilibrio. Situazione in cui le misurazioni si possono archiviare in memoria

e impiegare per estrarre lavoro dal sistema misurato.

In fisica, il demone di Maxwell è il luogo per eccellenza nel quale ritroviamo

materia, energia e informazione insieme. Eppure, scopriremo che il demone

e i suoi sforzi di misurazione sono dannatamente incompleti!


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L’universo nella sua globalità – dalle galassie ai sistemi planetari e certamente

alle biosfere, la nostra non meno di ogni altra – è gravida di entità che

misurano spostamenti dall’equilibrio, che sono fonte di energia.

Basti pensare alla brulicante attività di una comunità eterogenea di 

microbi che co-evolse nella notte dei tempi e che collegò con successo

reazioni esoergoniche e reazioni endoergoniche alimentate dal sole

e da altre fonti ricche di energia.

E poiché la biosfera ci riesce e fa parte dell’universo, allora anche l’

universo è capace di fare questo. 

La nascita di ecosistemi autocostruttivi deve, in un modo o nell’altro,

essere argomento della fisica. E’ significativo, quindi che la fisica

attuale sia priva di teorie che si occupano di tali questioni. Il fatto

puro e semplice che una biosfera costruisca questa sbalorditiva

complessità e diversità indica che la fisica contemporanea si lascia

sfuggire qualcosa di fondamentale: che una biosfera diventa complessa;

e che l’universo diventa complesso. 

(……) Il cuore dell’enigma riguarda la comprensione adeguata del 

concetto di ‘organizzazione’ e di ‘organizzazione propagante, o diversificante’.

Più in profondità, il mistero attiene alla manifestazione storica, a partire

dal Big-Bang, di strutture connesse di materia e di energia e dei processi

mediante cui in una biosfera, o nell’universo stesso, compare una crescente

diversità di tipi di materia, di fonti di energia e di tipi di processi: proprio

ciò che abbiamo davanti agli occhi e che pure non siamo stati capaci di

vedere.

Una biosfera fa tutte queste cose.

La nostra di biosfera, ha alle spalle quattro miliardi di anni di maestosa

creatività, una creatività ancora non ben compresa.

Ne dubitate?

Aprite gli occhi e guardatevi intorno…..

(Stuart Kauffman, Esplorazioni evolutive)







demoni e squilibri (14)