IL VIAGGIO PROSEGUE (10)

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Verso la fine degli anni 70 il sommergibile ‘Alvin’, è stato utilizzato per

esplorare il fondale marino lungo la fossa delle Galapagos, nell’oceano

Pacifico. Questa formazione, situata a circa 2,5 chilometri di profondità,

è interessante per i geologi in quanto esempio primo di un tipo di camini

vulcanici sottomarini detti ‘black smokers’.


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Il nome deriva dall’aspetto dei camini rocciosi, ricoperti di minerali, che

riversano liquidi scuri nell’oceano circostante. Nei pressi di un ‘black

smoker’ l’acqua può arrivare a temperature di 350° C, molto al di sopra

del normale punto di ebollizione. La cosa è possibile grazie all’immensa

pressione che si registra a simili profondità.


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Con grande stupore degli scienziati che partecipavano al progetto, le

regioni intorno ai ‘black smokers’ delle Galapagos, e diverse altre delle

profondità marine, si sono rivelate brulicanti di vita.

Tra gli abitanti più esotici degli abissi si annoverano granchi giganteschi

vermi tubicoli, ma alla periferia dei ‘black smokers’ c’erano anche i familiari

‘batteri termofoli’. La scoperta più straordinaria è stata però quella di

microbi, fino a quel momento sconosciuti, che vivevano molto vicino al

brulicante materiale emesso dal sottosuolo, a temperature che giungevano

a 110° C. Nessuno scienziato aveva mai seriamente immaginato che una

forma di vita potesse sopportare una temperatura così alta.


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Gli organismi che vivevano a 80° C. o più sono noti come ‘ipertermofoli’,

per via della loro stupefacente resistenza al calore. Dopo la scoperta è

subito divenuto chiaro che questi ‘estremofoli’ non erano un capriccio

isolato della natura; a tutt’oggi ne sono stati descritti una ventina di generi

diversi.

Fatto significativo, molti ‘ipertermofoli’ appartengono al regno degli archei.

Il record ufficiale di temperatura è detenuto al momento da un ‘Pyrodictium

occultum’ un organismo che è stato trovato vivo è vegeto in materiale tenuto

in autoclave a 121° C. per un’ora. Si hanno le prove che questi microbi che

vivono sotto il fondo marino alla temperatura di 169° C.

Un interrogativo fondamentale circa questi organismi delle profondità marine

è: da dove traggono il nutrimento?


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I biologi hanno creduto per lungo tempo che ogni forma di vita sulla Terra

ricavasse l’energia vitale, più o meno direttamente, dal Sole.

Le piante non crescono in assenza di luce, e gli animali devono mangiare le

piante (o altri animali) per sopravvivere. A quelle profondità abissali però

regna il buio più assoluto. Neanche un raggio di luce solare riesce a penetrarvi.

Questo non è un problema per i granchi e i vermi, che cercano il cibo tra le

piccole creature che popolano il fondale; ma la catena alimentare deve pur

avere  una base su cui poggiarsi.

Si è scoperto che il ruolo di produttori primari è svolto dai microbi, i quali

ricavano l’energia direttamente dalla rovente brodaglia chimica eruttata dalle

profondità vulcaniche. Gli organismi che non si nutrono di materia organica,

ma producono la propria biomassa direttamente si dicono autotrofi. L’esempio

più familiare è quello delle piante, che usano l’energia della luce solare per

trasformare sostanze inorganiche, come l’anidride carbonica e l’acqua, in

composti organici. Gli autotrofi che fabbricano la propria biomassa sfruttando

l’energia chimica anziché quella della luce sono stati denominati ‘chemioautotrofi’

o, più concisamente, ‘chemiotrofi’.

La scoperta dei veri chemiotrofi ha rappresentato un evento cardine nella storia

della biologia, perché ha svelato la base di una nuova catena alimentare, del

tutto indipendente, di una gerarchia di organismi che potevano esistere accanto

alle familiari forme di superficie, e tuttavia non dipendere dalla luce solare come

fonte primaria di energia.

Si affacciava per la prima volta la possibilità di un ecosistema svincolato dalle

complicazioni della ‘fotosistesi’. Gli scienziati hanno cominciato a intravedere un

nuovo vasto regno della biologia che era rimasto nascosto per miliardi di anni.

(P. Davis, Da dove viene la vita)



 


 

 


 

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