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La teoria critica ci permette di spiegare perché la presenza
a tavola di un antispecista spesso causi reazioni di rabbia.
Il gesto dei commensali, immagine microsociologica della
società, ripete il rituale del dominio sulla natura che qui si
esprime, attraverso il consumo, nella forma della sottomis-
sione dell’individuo animale come ‘vittima’.
La carne e gli altri ‘prodotti animali’ sono ‘simboli conden-
sati’ che riflettono il potere della società umana sull’animale.
Chi si sottrae alla complicità del potere sugli animali, smen-
tisce le strutture di potere interspecifiche.
Chi non consuma carne (ed altre parti del corpo animale)
non si siede a tavola e ciò spiega la ripravazione della socie-
tà contro i vegani, il fatto che essi vengano tacciati di ‘estre-
mismo’, di cattivo gusto e di godere di scarsa salute: essi di-
mostrano chiaramente e in modo innegabile la possibilità
di una vita senza sacrificio animale, mettendo così a rischio
il ‘sortilegio’ associato al ‘carattere di feticcio della merce’
animale (..e non…).
La decostruzione della ‘merce animale’ ne mostra il carattere
cosale come oggettivazione di rapporti e interessi sociali.
La prassi quotidiana del consumo di parti del corpo animale
(..e non ….), la sua permanenza storica e il suo carattere totali-
tario, lasciano poco spazio alla riflessione critica; troppo abi-
tuata la coscienza, troppo profondo il rapporto che gli animali
intrattengono con noi in quanto risorse di piacere per scopi
umani-alimentari-scientifici, troppo impermeabile a obiezioni
e trasformazioni è l’ordine sociale dei rapporti uomo-animale.
Secondo la Scuola di Francoforte, il sempre-uguale (nel nostro
caso, l’agressione all’individuo animale) rende molto difficile
per la coscienza la capacità di porsi in ascolto dell’altro.
La sottomissione degli animali, potremmo sostenere con le
parole di Adorno, appare agli uomini come l’invarianza in
quanto tale, come il sicuro possesso che, nella loro ‘vita offe-
sa’, vedono come un proprio bisogno, poiché la loro falsa
coscienza teme costantemente ‘di perdersi nell’altro’.
La naturalizzazione del potere sociale nasconde il fatto che
esso è, in realtà, un costrutto.
La dissociazione dell”altro animale’ non sarebbe così radicata,
non sarebbe così permanente, se fosse un processo puramente
cognitivo.
La codificazione della dicotomia uomo-animale beneficia dei
processi sociali che Bourdieu descrive come ‘somatizzazione
dei rapporti sociali di dominio’. Attraverso un atto di violenza
da parte del mondo sociale, i corpo individuali sono
Virtualmente forniti di un programma di percezione, di valu-
tazione, di azione (che) funziona come una seconda natura,
cioè con la forza autorevole e (apparentemente) cieca di un
istinto o di un’immagine fantastica …costruita….
Gli schemi della percezione, del giudizio e dell’azione del
mondo sociale, a cui gli individui umani subordinano in mo-
do pre-riflessivo i propri corpi socializzati, sono resi possibili
da ‘meccanismi concettuali di mantenimento’.
Per concludere dalle osservazioni di Bourdieu, si può afferma-
re che i concetti dominanti, i quali – soprattutto nelle scienze
sociali ma anche in filosofia e, entro limiti, nelle scienze natu-
rali – contrappongono antiteticamente ‘umano’ e ‘animale’,
sono distorti poiché solitamente chi li usa
Si espone a usare come strumenti di conoscenza schemi di
percezione e di pensiero che dovrebbe trattare come oggetti
di conoscenza.
….Infatti le categorie applicate hanno sempre tracciato un ….
confine tra gli ‘umani’ e gli….’animali’……
(Nell’albergo di Adamo)
(Il gregge si unisce…..,
così come è suo dovere,
e il buon pastore lo conta
come pecunia
del ricco padrone,
…così come si deve!
Nella notte profonda
che ora diviene
solo tormento,
il pastore comanda
al fedele cane…,
di navigare nello scuro mare.
La sua Terra deve liberare
da chi la vuol azzannare.
Per un lupo che non è più bestia,
ma solo un incubo
che attende vendetta.
Sarà che son io che li ho creati
e poi anche allevati.
I loro racconti mai morti
son diventate rocce nascoste
di tante anime sospese,
sacrificate nel folle momento
di un terremoto figlio
del loro tempo.
Sarà che son io,
che li ho visti parlare,
l’ululato muto è spirato,
soffocato nell’urlo violento
di un intero popolo
che grida contento.
Sarà che son io,
che ho visto quel vile,
sommesso chiuso nell’ovile,
e nel perimetro ristretto
vicino ad un tempio.
Di guardia solo un pastore,
cane fedele a tutte le preghiere,
….a contare i miseri agnelli,
rubati e pascolati
come tanti denari.
Pecunia di Dio
e di un cane pastore,
ora non morde ma conta le ore
mentre veglia la croce.
(G. Lazzari, Frammenti in Rima, 8 , 62/63)