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Il motivo del sacrificio (1) (2) &
Sogni
I sentieri di Jonathan (1) & (2)
Da:
Per procedere a un primo esame, in vista di una successiva analisi
completa dei conflitti di nazionalità nel contesto dell’Impero Otto-
mano, è importante esaminare l’Islam e la sua cultura come uno
degli elementi che hanno maggiormente determinato la genesi e
l’aggravarsi di questi conflitti.
I precetti e i dogmi infallibili dell’Islam, interpretati e applicati nel
quadro dello Stato Ottomano e della sua organizzazione teocratica
che riuniva un gran numero di nazionalità non islamiche, si sono
rivelati delle cause durature di scontri tra queste nazionalità e i
mussulmani in posizione dominante.
In questo senso, si può osservare che l’Islam non fu soltanto una
fonte di conflitti nazionali senza fine nei Balcani e nell’Armenia
turca, ma che costituì anche il nodo della Questione d’Oriente e,
in seguito, della Questione armena, la cui comparsa repentina
portò le affiliazioni e le opposizioni religiose al centro dei con-
flitti internazionali per decenni.
Sebbene l’Islam sia una religione, esso rappresenta anche per i
suoi adepti un modo di vivere che oltrepassa i confini della fede
e che invade il tessuto sociale e politico della nazione.
La tendenza dell’Islam alla divisione, all’esclusività e al senso
di superiorità – più potente della sua apparente tolleranza verso
le altre religioni – è dunque essenziale per capire la struttura di
un Paese multietnico dominato dall’Islam, qual era l’Impero Otto-
mano.
Il carattere islamico della teocrazia ottomana è un fattore fonda-
mentale nell’ordinamento giuridico dello Stato ottomano. Il sul-
tano che esercitava il potere politico supremo, portava anche il
titolo di califfo (successore di Maometto) ed esplicava così la
funzione di sommo protettore dell’Islam.
Dunque, il sultano-califfo era investito di una missione: proteg-
gere il diritto dell’Islam, chiamato Shariya, che significa Rivela-
zione (delle leggi divine, così come esse sono state espresse dal
profeta Maometto).
La Shariya comprendeva non soltanto un insieme di precetti re-
ligiosi, ma anche un complesso dottrinale intangibile e infallibi-
le riguardante i doveri dei sudditi, che includeva norme giuridi-
che, le cui prescrizioni e i cui divieti valevano soltanto entro i
confini territoriali della giurisdizione dello Stato.
Questo complesso dottrinale adottato dallo Stato ottomano sta-
biliva anche lo statuto dei non mussulmani all’interno della sua
giurisdizione. Lungi dall’essere una semplice teocrazia, il siste-
ma ottomano era un’organizzazione politica fondata sulla sotti-
missione, in cui i rapporti giuridici tra mussulmani e non mus-
sulmani erano governati dal principio inviolabile della subordi-
nazione degli uni e della superiorità degli altri e in cui perciò i
non mussulmani godevano di diritti sociali e politici limitati.
Il Corano, cardine della Shariya, comprende 260 versetti, la mag-
gior parte dei quali è stata formulata da Maometto a La Mecca;
essi prescrivono la Guerra Santa – la ‘Djihad’ – contro gli infedeli,
cioè contro coloro che non professano la ‘vera religione’, e di
‘massacrarli’….
Inoltre, il versetto che afferma: ‘Che la religione non eserciti al-
cuna coercizione’ è sostituito e dunque annullato dal precetto
di Maometto di ‘fare la guerra agli infedeli e di essere severi
nei loro confronti’.