IL RUOLO DELL’INTELLETTUALE: ‘Penitenziagite’ ovvero l’intellettuale Straniero alle Eresie del suo Tempo (6)

 

pz4

 

 

Precedenti capitoli:

Il ruolo dell’intellettuale (5/1)

Prosegue in:

Il ruolo dell’Intellettuale: ‘Solo’ nella ricerca della verità (7)

Foto del blog:

Il ruolo dell’Intellettuale  (1)  (2)  (3)  (4)

Da:

i miei libri

 

 

pz9

 

 

 

 

 

… Immondi, succhiata da serpenti, accoppiata a un satiro dal ventre

rigonfio e dalle gambe di grifo coperte di ispidi peli, la gola oscena,

che urlava la propria dannazione, e vidi un avaro della rigidità della

morte sul letto sontuosamente colonnato, ormai preda imbelle di

una coorte di demoni di cui uno gli strappava dalla bocca ranto-

lante l’anima in forma di infante, e vidi un orgoglioso cui un demo-

ne s’installava sulle spalle ficcandogli gli artigli negli occhi, men-

tre altri due golosi si straziavano in un corpo a corpo ripugnante,

e altre creature ancora…

… E intorno a loro, frammisti a loro, sopra di loro e sotto ai loro

piedi, altri volti e altre membra, un uomo e una donna che si affer-

ravano per i capelli, due aspidi che risucchiavano gli occhi di un

dannato, un uomo ghignante che dilatava con le mani adunche le

 

pz2

 

fauci di un’idra, e tutti gli animali del bestiario di Satana, riuniti in

concistoro e posti a guardia e corona del trono che li fronteggiava,

a cantarne la gloria con la loro sconfitta, fauni, esseri dal doppio

sesso, bruti con le mani con sei dita, sirene, ippocentauri, gorgo-

ni, arpie, incubi, dracontopodi, minotauri, linci, pardi, chimere, ce-

noperi dal muso di cane che lanciavano fuoco dalle narici….

Insomma l’intera popolazione degli inferi pareva essersi data con-

vegno per far da vestibolo, selva oscura, landa disperata dell’esclu-

sione, all’apparizione dell’Assiso del timpano…, e compresi in ulti-

mo che ivi eravamo saliti per essere testimoni di una grande e ce-

leste carneficina.

 

pz15

 

… E udii un’altra voce ancora, ma questa volta essa veniva dalle

mie spalle ed era una voce diversa, perché partiva dalla terra e non

dal centro sfolgorante della mia visione; e anzi spezzava la visione

perché anche Guglielmo, sino ad allora perduto anch’egli nella con-

templazione, si volgeva con me…. L’uomo sorrise e levando il dito

come per ammonire, disse:

 

‘Penitenziagite’! Vide quando draco venturus est a rodegarla l’anima

tua! La mortz est super nos! Prega che vene lo papa santo a liberar

nos a malo de todas le peccata! Ah ah, ve piase ista negromanzia de

Domini Nostri Iesi Christi!….

 

…. Dovrò, nel prosiego di questa storia, parlare ancora, e molto, di

questa creatura e riferirne i discorsi. Confesso che mi riesce molto

difficile farlo perché non saprei dire ora, come non compresi mai al-

lora, che genere di lingua egli parlasse. Non era il latino, in cui ci e-

sprimevamo tra uomini più o meno dotti e tra uomini di lettere all’ab-

bazia, non era il volgare di quelle terre, né altro volgare che mai aves-

si udito, Credo di aver dato una pallida idea del suo modo di parlare

riferendo poco sopra le prime parole che udii da lui.

 

pz10

 

Quando più tardi appresi della sua vita avventurosa e dei vari luoghi in

cui era vissuto, senza trovar radici in alcuno, mi resi conto che Salvato-

re parlava tutte le lingue e nessuna. Ovvero si era inventata una lingua

propria che usava i lacerti delle lingue con cui era entrato in contatto –

e una volta pensai che se la sua fosse, non la lingua adamitica che l’u-

manità felice aveva parlato, tutti uniti da una sola favella, dalle origini

del mondo sino alla Torre di Babele, e nemmeno una delle lingue sor-

te dopo il funesto evento della loro divisione, ma proprio la lingua ba-

belica del primo giorno dopo il castigo divino, la lingua della confu-

sione primeva.

Né d’altra parte potrei chiamare lingua la favella di Salvatore, perché

in ogni lingua umana vi sono delle regole e ogni termine  significa ad

placitum una cosa, secondo una legge che non muta, perché l’uomo

non può chiamare il cane una volta cane e una volta gatto, né pro-

nunciare suoni a cui il consenso delle genti non abbia assegnato un

senso definito, come accadrebbe a chi dicesse la parola ‘blitiri’.

 

3342OP34AU5499

 

E tuttavia, bene o male, io capivo cosa Salvatore volesse intendere,

e così gli altri. Segno che egli parlava non una, ma tutte le lingue, nes-

suna nel modo giusto e completo (di cui un singolo termine, aggettivo

sostantivo avverbio, parola, possa attribuire un senso compiuto di fron-

te a terzi, ma singoli suoni di vocali e consonanti a formare parole o ciò

che potremmo pensare parole contrarie al principio di ogni retta disqui-

sizione con un senso logico e compiuto, di chi, chiamato a pronunciar-

le possa ribadirne senso e valore nel contesto più ampio dell’argomen-

tazione che vogliono sollecitare e motivare…), prendendo le sue paro-

le ora dall’una ora dall’altra.

Mi avvidi pure in seguito che egli poteva nominare una cosa ora in lati-

no ora in provenzale, e mi resi conto che, più che inventare le proprie

frasi, egli usava disiecta membra di altre frasi, udite un giorno, a se-

conda della situazione e delle cose che voleva dire, come se riuscis-

se a parlare di un cibo, intendo, solo con le parole delle genti presso

cui aveva mangiato quel cibo, ed esprimere la sua gioia solo con le

sentenze che aveva udito emettere da gente gioiosa, il giorno che

egli aveva parimenti gioia. Era come se la sua favella fosse quale

la sua faccia, messa insieme con pezzi di facce ed esperienze

altrui…

(U. Eco, Il nome della rosa)

 

 

 

 

 

pz14

66 ROUTE (2)

Precedenti capitoli:

66 Route  &

Gente Sconosciuta

Prosegue in:

Il clima che cambia

Foto del blog:

Gente Sconosciuta  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

 

meteor_crater2

 

 

 

 

 

Era mezzogiorno nel cuore del deserto di Mojave….

Perry, seduto su una valigia di vimini, stava suonando un’armonica.

Dick era in piedi sul ciglio di un’autostrada nera, la Route 66, gli occhi

fissi su quel vuoto immacolato, come se il fervore del suo sguardo po-

tesse far sì che si materializzassero degli automobilisti.

Pochi lo esaudivano e nessuno si fermava per i due autostoppisti. Un

camionista, diretto a Needles, California, aveva offerto loro un passag-

gio, ma Dick aveva rifiutato. Non era la ‘sistemazione’ che lui e Perry

volevano.

Aspettavano un viaggiatore solitario con un auto decente e dei quattrini

nel portafogli: uno sconosciuto da derubare, strangolare e abbandonare

nel deserto. Nel deserto il suono spesso precede la visuale. Dick sentì

le deboli vibrazioni di un’auto che si avvicinava, non ancora visibile.

 

Route66history.jpgbis

 

Anche Perry le aveva sentite, si infilò l’armonica in tasca, prese la vali-

gia di paglia (questa, il loro unico bagaglio, straripava e cedeva sotto il

peso dei souvenirs di Perry cui si erano aggiunti tre camicie, cinque

paia di calzini bianchi, un flacone di aspirina, una bottiglia di tequila, un

paio di forbici, un rasoio di sicurezza e una lima per unghie; il resto dei

loro effetti era stato impegnato o affidato al barista messicano o spedi-

to a Las Vegas; per il resto il nulla delle loro vite si univa in un abbrac-

cio mortale con la loro ispirazione e volontà di vita. Il Male ha con sé

sempre una valigia con cui dividere le speranze di una vita migliore

cui riempire il vuoto ed il Nulla di quella misera esistenza sui bordi di

una strada, sui bordi di una terrazza, sui bordi del Nulla….).

 

030081

 

Rimasero a guardare…. (con una radiolina portatile e delle voci…).

Ora l’auto apparve e si ingrandì fino a divenire una Dodge berlina, az-

zurra, con un solo passeggero, un tipo normale, scarnito Perfetto.

Per loro era come l’anima di un futuro pasto… solo Perfetto, ignaro….

Dick alzò la mano facendo segno, disse qualcosa…

La Dodge rallentò e Dick rivolse all’uomo un sorriso smagliante…

demoniaco… L’auto quasi si fermò, ma non del tutto, e il guidatore si

sporse dal finestrino per inquadrarli da capo a piedi. L’impressione che

davano era chiaramente poco rassicurante.

L’auto balzò in avanti e partì veloce. Dick si portò le mani attorno alla

bocca e gridò con voce da ragazzino: ‘Sei un bastardo fortunato!’.

Poi scoppiò a ridere e si issò la valigia sulla spalla (e la radiolina ac-

cessa).

 

91272676.at7GVe5T.HistoricRo_fornia

 

Nulla poteva irritarlo veramente perché, come disse in seguito, era ‘trop-

po felice di essere nuovamente nei cari vecchi USA’.

Ad ogni modo sarebbe arrivato qualche altro automobilista. Perry tirò

fuori la sua armonica e suonò le prime note di quella che era diventata la

loro ‘marcia funebre’; la canzone era una delle preferite di Perry e ne ave-

va insegnato a Dick tutti i cinque versi. Al passo, l’uno di fianco all’altro, si

avviarono lungo l’autostrada cantando: ‘I miei occhi hanno visto la gloria

dell’avvento del Signore; Egli distrugge l’uva dei vigneti della collera, ed il

nettare che da essa proviene’.

Nel silenzio del deserto echeggiavano le loro voci angeliche e giovani:

‘Gloria! Gloria! Alleluia! Gloria! Gloria! Alleluia!’.

(T. Capote, A sangue freddo)

 

(Dedicato a tutti i Perry ed i Dick che la Storia partorisce nella triste sua

memoria, che la loro violenza ci torni utile per esorcizzare il male dalla

nostra umile dimora, dall’umile via.)

 

 

 

 

 

 

old_studios5

 

ALLA RICERCA DEL ‘MONTE ANALOGO’ (31)

Precedenti capitoli:

Alla ricerca del ‘Monte Analogo’ (30)

Prosegue in:

Alla ricerca del ‘Monte Analogo’ (32)

Foto del blog:

Alla ricerca del ‘Monte Analogo’  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

 

rd45

 

 

 

 

 

…. Gli invitati arrivarono più o meno in orario (come previsto).

Voglio dire che, essendo stato fissato l’appuntamento per le

quattro, Mr Beaver era lì per primo alle tre e 59 mentre Julie

Bonasse, l’ultima arrivata, benché fosse stata trattenuta da

una prova, era comparsa poco dopo che erano suonate le

quattro e mezza….

 

rd47

 

Dopo il brusio delle presentazioni, ci sistemammo intorno a

un grande tavolo a cavalletti e il nostro ospite prese la parola.

Ricordò a grandi linee la conversazione che aveva avuto con

me, affermò l sua convinzione dell’esistenza del Monte Analo-

go, affermò e dichiarò che stava per organizzare una spedi-

zione per esplorarlo (e prese in merito anche dei brevi appunti).

– La maggior parte di noi,

proseguì,

 

rd20

 

– conosce già il modo con cui ho potuto, in una prima appros-

simazazione, limitare il ‘campo’ delle ricerche. Ma due o tre

persone non sono ancora al corrente e per loro, e anche allo

scopo di rinfrescare la memoria agli altri, riprenderò l’esposi-

zione delle mie deduzioni….

Mi lanciò a questo punto uno sguardo malizioso e insieme au-

toritario, che esigeva la mia complicità in quell’abile menzogna.

 

rd31

 

Perché nessuno beninteso, era al corrente di niente. Ma, con

questa semplice astuzia, ognuno aveva l’impressione di far

parte di una minoranza ignorante, di essere uno dei ‘due o tre

che non erano al corrente’, credeva di sentire intorno a sé la

forza di una maggioranza convinta, e aveva fretta di venir con-

vinto a sua volta.

Questo metodo di Sogol per ‘mettersi in tasca l’uditorio’, co-

me più tardi disse, era una semplice applicazione, diceva,

 

rd29

 

del metodo matematico che consiste nel ‘considerare il pro-

blema come risolto’; o anche, saltando alla chimica, ‘un e-

sempio di una reazione a catena’.

Ma se questa astuzia era al servizio della verità, si poteva

ancora chiamarla menzogna? In ogni modo, ognuno tese il

suo più intimo orecchio…..

– Riassumo,

disse,

– i dati del problema…..

In primo luogo, il Monte Analogo deve essere molto più alto

 

rd10

 

delle più alte montagne finora conosciute. La sua vetta deve

essere inaccessibile con i mezzi finora conosciuti. Ma, in se-

condo luogo, la sua base deve essere accessibile per noi

(che lo dobbiamo conquistare..), e le sue pendici più basse

devono essere già abitate da esseri umani simili a noi, giac-

ché esso è la via che unisce effettivamente il nostro regno u-

mano attuale a regioni superiori…..

Abitate, dunque abitabili…

 

rd6

 

Che presentano dunque un insieme di condizioni di clima,

di flora, di fauna, di influenze cosmiche di ogni genere, non

troppo diverse da quelle dei nostri continenti. Poiché il mon-

te stesso è estremamente alto, la sua base deve essere ab-

bastanza larga per sostenerlo: deve trattarsi di una superficie

grande almeno come quella delle isole più vaste del pianeta

– della Nuova Guinea, del Borneo, del Madagascar – forse an-

che dell’Australia.

 

rd44

 

Ammesso questo, sorgono tre questioni: come mai questo

territorio è sfuggito finora alle investigazioni dei viaggiatori?

Come penetrarvi?

E dove si trova?

Risponderò subito alla prima domanda, che può sembrare

la più difficile da risolvere. Ma come? Sulla nostra Terra esi-

sterebbe una montagna più alta delle più alte vette dell’Hima-

laya e non ce ne saremmo ancora accorti?

 

rd34

 

Sappiamo tuttavia a priori, in virtù delle leggi dell’analogia, che

deve esistere. Per spiegare il fatto che non sia stata ancora

notata, si presentano varie ipotesi…. Prima di tutto, potrebbe

trovarsi sul continente australe, ancora poco conosciuto. Ma

prendendo la carta dei punti già raggiunti di questo continente

e determinandone, con una semplice costruzione geometrica,

lo spazio che lo sguardo umano ha potuto abbracciare a parti-

re da questi punti, si vede che un’altezza superiore agli 8000

metri non sarebbe potuta passare inosservata – né in quella né

in alcun’altra regione del pianeta….

 

rd30

 

Questo argomento mi parve geograficamente molto discutibi-

le. Ma per fortuna nessuno vi fece attenzione.

Proseguì:

– Si tratterebbe dunque di una montagna sotterranea? Certe leg-

gende, che si sentono raccontare soprattutto in Mongolia e nel

Tibet, fanno allusione a un mondo sotterraneo, dimora del ‘Re

del Mondo’, dove si conserva, come un seme imperituro, la co-

noscenza tradizionale. Ma questa dimora non corrisponde alla

seconda condizione di esistenza del Monte Analogo; non po-

 

rd42

 

trebbe offrire un ambiente biologico sufficientemente vicino al

nostro solito ambiente biologico; e anche se il mondo sotterra-

neo esiste, è probabile che si trovi proprio nei fianchi del Mon-

te Analogo.

Poiché tutte le ipotesi di questo genere sono inammissibili,

siamo portati a porre il problema diversamente. Il territorio cer-

cato deve poter esistere ‘in una regione qualsiasi’ della super-

ficie del Pianeta; bisogna dunque studiare per quali condizioni

risulta inaccessibile non solo alle navi, agli aerei o ad altri mez-

zi di trasporto, ma anche anche quando pensiamo vederla,

sfugge agli occhi della conoscenza ed allo sguardo…..

(Prosegue….)

 

(René Daumal, Il Monte Analogo; e grazie alle bellissime

foto e a tutta l’arte della brava Tatiana Plakhova…)

 

 

 

 

 

tumblr_mvqs4kVykB1rnj6p7o6_1280