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L’Eretico mare dello ‘Straniero’ (1) (2) (3)
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In realtà non tutti convenivano con la definizione di ‘essere vivente’
e tantomeno col fatto di chiamare ‘raziocinante’ l’oceano. Posai ru-
morosamente sullo scaffale l’enorme volume e presi il successivo.
Si divideva in due parti.
La prima era dedicata al riassunto degli innumerevoli tentativi di
entrare in contatto con l’oceano. Quand’ero a scuola, come ricorda-
vo troppo bene, quegli esperimenti erano argomento d’indefinite
storielle, celie e barzellette.
A confronto delle infinite speculazioni suscitate dal problema, la
scolastica medievale appariva come un modello di chiarezza e
concretezza.
I primi tentativi di contatto avvennero attraverso speciali appa-
recchi elettronici che trasmettevano nella massa della gelatina
vivente gli impulsi emessi dagli interlocutori.
L’oceano vi prese parte attiva, modificando gli apparecchi stes-
si.
Tutto avveniva però nella più fitta oscurità.
‘Parte attiva’…. ma in che senso?
L’oceano modificò certi elementi delle apparecchiature che vi furo-
no immerse: cambiarono, quindi, le frequenze delle scariche; quan-
to agli apparati di registrazione, furono sovraccaricati da una mas-
sa enorme di segnali, simili a frammenti di colossali operazioni di
calcolo.
Ma che cosa significava tutto ciò?
Erano dati sul momentaneo stato di eccitamento dell’oceano?
Gli impulsi che altrove, a mille miglia dagli studiosi, stavano pro-
vocando la nascita delle enormi creazioni?
O erano le sue creazioni artistiche?
Come saperlo, se non riuscì a ottenere due volte la medesima re-
azione a uno stesso stimolo?
In un caso, infatti, capitava di avere in risposta un’esplosione d’im-
pulsi che quasi facevano saltare per aria le apparecchiature, nell’al-
tro il silenzio assoluto.
Dunque non era possibile la ripetizione degli esperimenti?
Sembrava di essere costantemente a un passo dalla decifrazione,
ma la mole degli appunti non faceva che crescere.
Allora furono costruiti dei cervelli elettronici con una potenza ine-
guagliabile di rielaborazione delle informazioni. Essi conseguiro-
no, effettivamente, alcuni buoni risultati.
L’oceano, fonte d’impulsi elettrici, magnetici e gravitazionali, par-
lava un linguaggio matematico; certe sequenze delle sue scariche
di corrente si potevano classificare, impiegando modelli d’analisi
terrestri assolutamente astratti e applicando le teorie della stati-
stica; furono rilevate simmetrie strutturali analoghe a quelle già
osservate, nel campo della fisica, nei rapporti reciproci tra ener-
gia e materia, tra grandezze finite e non finite, tra elementi e
campi. Tutto……
Ciò condusse gli scienziati alla persuasione di trovarsi di fronte a un
essere pensante, costituito da un mare di protoplasma simile a un
cervello ingrandito milioni di volte, che avvolgeva il pianeta e che
impiegava il proprio Tempo in complicati ragionamenti sull’essen-
za e realtà dell’Universo; perciò quel che i nostri strumenti riusciva-
no a captare erano solo le briciole di uno sterminato monologo, col-
to a tratti, che andava svolgendosi a profondità (dell’a….) che supe-
ravano la nostra comprensione…..
Questo per quanto riguarda i matematici.
Tali ipotesi, secondo alcuni, esprimevano una sottovalutazio-
ne delle possibilità umane, erano come un inchinarsi davanti
all’ignoto, ridando linfa all’antica dottrina dell’ignoramus et
ignorabimus.
Altri ritenevano invece che fossero solo fandonie, nocive e ste-
rili, e che le ipotesi matematiche, che indicavano in questo cer-
vello enorme, elettronico e plasmatico al tempo stesso, il fine
ultimo e la summa dell’esistenza, rispecchiassero la mitologia
del nostro tempo.