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Il Viaggio…
14 marzo 1319
Rispetto alle domande apertesi lungo quasi tre anni di studi, a quello stadio
della ricerca cercai di trarre delle possibili conclusioni sul significato globale
dei dati raccolti.
Partito dalla questione circa la presenza della data del 14 marzo 1319 nella
Primavera di Botticelli, l’idea che il personaggio di Mercurio potesse essere
la raffigurazione pittorica del poeta che nell’ultimo verso del Purgatorio si
dice ‘puro e disposto a salire a le stelle’ era stata suffragata dalla scoperta
della medesima data nella perifrasi astronomica dei primi versi della terza
cantica della Commedia.
Allora mi ero chiesto che cosa potesse essere avvenuto di così importante
nella vita di Dante in quel giorno successivo all’equinozio primaverile, un
fatto tanto rilevante da essere stato tramandato da Botticelli in modo
cifrato in uno dei suoi capolavori.
Una prima risposta mi era giunta dalla decifrazione nei versi del poema
dantesco di elementi che lasciavano pensare a un possibile viaggio realmente
compiuto dal poeta.
Il misterioso volto di quel Dante pellegrino che andavo cercando fin dal mio
primo approccio alla Commedia aveva così assunto dei lineamenti più
definiti.
La prima immagine del poeta pellegrino è quella che ricorre nei versi iniziali
del poema. Uscito dalla ‘selva oscura’ fuori dalle mura di Gerusalemme,
impeditogli l’accesso alla porta che conduce al Tempio, il viandante deve
affrontare l”altro viaggio‘ indicato da Virgilio, la via che lo condurrà ad
addentrarsi nella ‘selva antica’ del giardino dell’Eden.
E’ qui che si può intravedere attraverso un’esplicita similitudine con la
figura del pellegrino, la seconda immagine di un Dante realmente viaggiatore.
Raggiunto il simbolico antipodo del luogo del Tempio, il poeta viene
invitato dalla stessa Beatrice a riportare dal Giardino dell’Eden almeno un’
immagine di ciò che ha veduto, esattamente come fa il pellegrino che
riporta dalla Terra Santa il bastone ornato di foglie di palma a testimonianza
del fatto che ha realmente raggiunto la meta del suo pellegrinaggio (Purgatorio
XXXIII, 75-78).
L’attenta decifrazione dei canti in cui il poeta descrive il suo peregrinare
nella ‘selva antica’, mi aveva poi dato modo di scoprire che quella immagine
dipinta del giardino edenico costituisce la trasfigurazione allegorica con cui
Dante traccia le coordinate di una ben precisa località dell’Islanda.
Alla luce di questa somma di dati, una prima conclusione a cui inevitabilmente
giunsi fu quella di considerare fondata l’ipotesi che la data del 14 marzo
1319 indicasse il giorno in cui il poeta pellegrino si trova effettivamente in
terra d’Islanda nel luogo del Tempio indicatogli da Beatrice con il suo rimprovero,
vale a dire presso l’anfiteatro naturale lungo il corso del fiume Jokulfall.
Qui giunto, il poeta aspira fin dai suoi primi passi a vedere Beatrice nell’
anfiteatro della ‘candida rosa’ che, se nel poema è la sede poetico-allegorica
descritta a partire dal XXX canto del Paradiso, nella realtà dei dati geografici
ottenuti non poteva che corrispondere a quell’ansa naturale lungo il
fiume Jokulfall.
Del resto, quando Dante deve descrivere nel Paradiso lo stupore dinnanzi
allo spettacolo celeste della candida rosa dei beati, utilizza nuovamente
un’altra similitudine che fornisce una terza immagine di sè come pellegrino:
E quasi peregrinar che si ricrea
nel tempio del suo voto riguardando,
e spera già ridir com’ ello stea (Paradiso XXXI)
Come un pellegrino che si riposa dalle fatiche del viaggio, Dante in
Islanda osserva compaciuto il Tempio che ha fatto voto di visitare,
ripromettendo a se stesso di riferire al suo ritorno come esso sia fatto.
Ma, a fronte dei dati ottenuti, come assecondare un’idea così inverosimile?
Come poter credere che Dante avesse realmente viaggiato per l’Europa sino
a giungere in terra di Islanda?
La risposta a questo naturale dubbio provenne ancora una volta da un’attenta
lettura della Commedia e dai numeri in essa cifrati dal poeta.
In Purgatorio XXVII, proprio nelle terzine che precedono il verso che permette
di risalire alla latitudine del punto di ingresso nella ‘divina foresta’, è infatti
possibile l’individuazione delle tappe del viaggio di Dante verso l’Islanda.
Nella seguente terzina troviamo le istruzioni per la decodifica dei versi:
Poscia ‘Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: entrate in esso,
e al cantar di là non siate sorde’. (Purgatorio XXVII)
La parola ‘foco’ e l’avverbio di luogo ‘là’ indicano quali versi tra il 43 e il
60 vanno presi in considerazione per il calcolo. Dalla posizione di questi
termini all’interno degli endecasillabi utili alla decifrazione è infatti possibile
ricavare – attraverso l’ormai conosciuto metodo di decodifica – le frazioni
di grado di latitudine, mentre il numero del verso il grado di latitudine:
Ond’ ei crollò la fronte e disse: ‘Come!
volenci star di qua?’; indi sorrise
come al fanciul si fa ch’è vinto al pome.
Poi dentro al foco innanzi mi si mise,
pregando Stazio che venisse retro,
che pria per lunga strada ci divise.
Sì com’ fui dentro, in un bogliente vetro
gittato mi sarei per rinfrescarmi,
tant’era ivi lo ‘ ncendio sanza metro.
Lo dolce padre mio, per confortarmi,
pur di Beatrice ragionando andava,
dicendo: ‘Li occhi suoi già veder parmi’.
Guidavaci una voce che cantava
di là, e noi, attenti pur a lei,
venimmo fuor ove si montava.
‘Venite, benedicti Patris mei’,
sonò dentro a un lume che lì era,
tal che mi vinse e guardar nol potei. (Purgatorio XXVII)
Il solo dato della latitudine ricavata, abbinato al percorso della Via
Francigena che percorre da Sud a Nord il territorio francese, consente
di individuare alcune tappe del percorso di Dante sino a Canterbury,
in Inghilterra.
Il tragitto verso l’Islanda sembrerebbe poi proseguire con alcune tappe
in Scozia nei pressi del castello di Stirling, a Inverness, nelle Highlands,
e nelle isole Shetland.
Al verso 64……..
(Giannazza/Freguglia, I custodi del messaggio)
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