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Il 26 ottobre 1939 a mezzanotte il dottor Hans Frank assume
la carica di ‘governatore generale dei territori occupati’.
Quindici giorni dopo, il potentato nazista occupa il Wawel, la
cittadella dei re polacchi che domina la Vistola a Cracovia.
Il nuovo padrone di casa è accolto da un comitato d’onore
formato dai capi delle cosiddette comunità ‘di tedeschi etnici’.
Non appena insediatosi, Frank ordina la fucilazione di un
abitante di sesso maschile per ogni casa su cui rimanga affisso
uno dei manifesti attaccati in gran fretta quel 10 novembre, i
quali invitano la popolazione della città vinta a celebrare
pubblicamente l’indomani la festa dell’indipendenza della
‘Polonia resuscitata’.
Il tempo della ‘grande opera tedesca’ è scoccato.
La nuova entità vassalla del Reich è divisa in quattro distretti –
Cracovia, Lublino, Radom e Varsavia – ciascuno dei quali è sotto-
posto all’autorità di un governatore civile, la cui figura è affian-
cata tuttavia da quella di un Comandante della SS e della polizia.
Frank, al pari di Himmler, sogna una Polonia tedesca sotto il suo
controllo.
Pure, i due rivali hanno opinioni divergenti in merito ai modi e
tempi di questa infeudazione.
Il governatore generale auspica una germanizzazione profonda
ma lenta, della durata di circa una generazione.
Questo il suo modo di vedere le cose: ‘prima vincere la guerra,
poi ripopolare la Polonia’. Il Reichsfuhrer della SS per contro, è
impaziente, giacché vede nella colonizzazione del Governatorato
generale la tappa iniziale di un consolidamento del ‘Deutschtum’
di fronte al giudeo-bolscevismo’ e, di conseguenza, della domi-
nazione della SS sull’Europa centrale e orientale.
Le versioni successive del ‘piano generale per l’est’ europeo, elabo-
rato per Himmler all’università di Berlino dal professor Konrad
Meyer-Hetling, traducono proprio questa volontà di potenza
ispirata a Hitler.
Il capo dell’ordine nero gioca d’anticipo su Frank proponendo
di fare del voivodato di Lublino la prima colonia di popolamento
tedesca. Himmler lancia la sua sfida all’autorità del signore del
Wawel durante una manifestazione del partito organizzata il
5 aprile 1941 nell’elegante borgo di Zamosc, che con i suoi 26.000
abitanti è il capoluogo della Zamojszczyzna, regione situata
a circa 90 chilometri sud-est da Lublino.
E’ in questa occasione che il Brigadefuhrer della SS Odilio
Globocnik, comandante della SS e della polizia di Lublino e
uomo ligio a Himmler, annuncia la ‘depolonizzazione’ immediata
della ricca regione agricola.
All’epoca della conquista nazista della Polonia, la ‘regione di
Zamosc’ era suddivisa in tre circondari, corrispondenti con una
superficie complessiva di 6.353 chilometri quadrati, al terzo meri-
dionale del voivodato di Lublino.
Alquanto densamente popolata la ‘regione di Zamosc’ era abitata
da un ceto di piccoli proprietari contadini polacchi e ucraini, dediti
in particolare alla coltivazione dei cereali, della patata e del
tabacco.
I 517.000 abitanti della regione erano ripartiti in diverse ‘nazionalità’:
i polacchi, cattolici, rappresentavano circa due terzi della popolazione ,
gli ucraini, uniati, un quarto, gli ebrei un decimo.
Chi avrebbe mai potuto immaginare, nel 1939, che questa amena
regione sarebbe diventata un ‘laboratorio speciale della SS’, un
nucleo sperimentale di ‘ripulitura’ etnica e razziale?
Intendiamo ripercorrere qui questo destino singolare insistendo
sui modi in cui l’occupante ha saputo fomentare le differenze
culturali e religiose per svuotare questa regione del suo sostrato
umano. Condotta secondo le pretese avanzate dalla dottrina
di ‘sangue e suolo’, l’operazione Zamosc non poteva che essere
‘esemplare’.
(Conte/Essner, Culti di sangue)