LA STUDIA (2)

Precedente capitolo:

la-studia.html

Prosegue in:

eretici.html

Foto del blog:

la-studia-2.html 

la studia 2

 

 

Ah, ma però già sento, con tutto il buon volere,

che nell’anima torna la scontentezza a gemere.

Perché deve inaridirsi così presto la corrente

e noi rimanere assetati?

Tanto spesso ne ho fatto esperienza.

Eppure, a questo vuoto si può dare compenso:

si impara quanto valgano le cose ultraterrene,

si cerca la Rivelazione

che mai più degna splende e più bella

come nel Nuovo Testamento.

Qualcosa mi spinge ad aprire quel testo

e provarmi, con cuore devoto, a tradurre

il sacro originale

nella cara mia lingua tedesca.

 (apre un grosso volume e si accinge a tradurre)

Sta scritto: ‘In principio era la Parola’.

E eccomi già fermo. Chi m’aiuta a procedere?

M’è impossibile dare a ‘Parola’

tanto valore. Devo tradurre altrimenti,

se mi darà giusto lume lo Spirito.

Sta scritto: ‘In principio era il Pensiero’.

Medita bene il primo rigo,

ché non ti corra troppo la penna.

Quel che tutto crea e opera, è il Pensiero?

Dovrebb’essere: ‘In principio era l’Energia’.

Pure, mentre trascrivo questa parola, qualcosa

già mi dice che non qui potrò fermarmi.

Mi dà aiuto lo Spirito! Ecco che vedo chiaro

e, ormai sicuro, scrivo: ‘In principio era l’Azione’!

 

Se devo spartire la stanza con te,

smetti di mugolare,

caro cane, smetti di latrare.

Compagnia tanto fastidiosa

non la riesco a sopportare.

Uno di noi due

se ne deve andare.

Mi spiace mancare ai doveri dell’ospite.

La porta è aperta, il passo è libero…

Ma che mi tocca di vedere?

Può capitare una simile cosa

in natura? E’ illusione? E’ realtà?

Come si fa grande e grosso!

S’alza di prepotenza,

non ha più nulla che paia di un cane…

Che spettro mi sono portato qua dentro!

Sembra già un ippopotamo. Ha occhi

di fuoco, ha zanne spaventose.

Ah, ma mi tengo! Per questa genìa

di semidemoni il meglio che ci sia

è la Clavicola di Salomone.

(Goethe, Faust)

 

 

la studia 2

 

 

QUANDO IL VENTO D’OTTOBRE

Precedente capitolo:

index.html

Foto del blog:

quando-il-vento-d-ottobre.html 

 

 

Specialmente quando il vento d’ottobre

Gelido mi scarruffa con le burbere dita,

Dagli artigli del sole tratto cammino su fuoco

E getto un granchio d’ombra sulla terra,

In riva al mare udendo clamore d’uccelli

E il corvo tossire su rami invernali,

Il mio cuore occupato che trema se lei parla

Sparge sillabe di sangue, beve le sue parole.

 

Chiuso anche in una torre di parole,

Sull’orizzonte mobile con gli alberi

Parlanti figure di donne, file stampo

Di bimbi che nel parco han gesti di stella.

Lascia ch’io abbia per te le vocali dei faggi,

La voce delle querci, dalle radici

Di molte note ch’io ti riveli una spinosa contea,

Lascia ch’io abbia per te il linguaggio dell’acqua.

 

Dietro un vaso di felci la pendola oscillando

Mi conta la parola dell’ora, nervoso il senso vola

Sul disco lancinante, declama il mattino

E il tempo parla ventoso nella banderuola.

Lascia ch’io per te abbia i segni del prato;

L’erba che mi segnala quello che già conosco

Col verme dell’inverno rompe attraverso l’occhio.

Lascia ch’io ti dica i peccati del corvo.

 

Specialmente quando il vento d’ottobre

– Lascia ch’io faccia per te autunnali incantesimi,

La lingua del regno e la sonora collina del Galles –

Burbero cala pugni di rape sulla terra,

Lascia ch’io levi per te le inaridite parole.

 

Il cuore s’è rasciutto: compitando

Nell’alchimia scorrevole del sangue, avvertì la venuta della furia.

In riva al mare odi le cupe vocali degli uccelli.

(Dylan Thomas)

 

 

quando il vento d'ottobre

  

UN DIALOGO: IVAN DMITRIC (2)

Precedente capitolo:

un-dialogo-andrej-efimyic-1.html

Foto del blog:

un-dialogo-ivan-dmitric-2.html

Cechov Anton Pavlovic_2.jpg

 

 

– E’ arrivato il dottore! gridò, scoppiando in una risata.

– Finalmente!

– Signori, rallegramenti, il dottore ci degna di una visita!

– Maledetta canaglia!

sibilò e, in un raptus di violenza che nessuno aveva mai visto prima, pestò

un piede sul pavimento.

– Ammazzarla, bisogna, questa canaglia! No, ammazzarla è poco. Affogarla

nella latrina!

Andrej Efimyic, udito l’urlo, si affacciò dall’ingresso e chiese gentilmente:

– Perché?

– Perché?

gridò Ivan Dmitric, avvicinandosi a lui con aria minacciosa e avvolgendosi

convulsamente nella vestaglia.

– Perché? Ladro!

pronunciò questa parola con tono disgustato, atteggiando le labbra come

volesse sputare.

– Ciarlatano! Boia!

– Si calmi, disse Andrej Efimyic, sorridendo con aria colpevole.

– Le assicuro che non ho mai rubato nulla, per il resto forse lei esagera.

– Vedo che ce l’ha con me. Si calmi, la prego, se può, e mi dica con calma

perché ce l’ha con me.

– Perché mi tiene chiuso qui dentro?

– Perché è malato.

– Sì malato. Ma ci sono decine, centinaia di matti che vivono in libertà, perché

la sua ignoranza le impedisce di distinguerli dai sani. Perché allora io e

questi altri disgraziati dobbiamo star chiusi qui dentro a fare da capri espiatori

per tutti gli altri?

– Lei, l’infermiere capo, il sorvegliante e tutta la banda dell’ospedale, dal punto

di vista morale, siete mille volte peggio di ciascuno di noi: allora perché noi

siamo qui dentro e voi no?

– Dov’è la logica?

– La morale e la logica qui non c’entra. Tutto dipende dal caso. Chi è stato

ricoverato, sta dentro, chi non è stato ricoverato, sta fuori: ecco tutto.

– Il fatto che io sia dottore e lei malato di mente non dipende né dalla

morale né dalla logica, ma dal puro caso.

– Queste balordaggini non le capisco, rispose sordamente Ivan Dmitric e

si sedette sul suo letto.

Per l’agitazione si mise a camminare per la stanza e disse, abbassando il

tono:

– Quando sogno, mi appaiono dei fantasmi.

– Ricevo visite, sento delle voci, della musica, mi sembra di camminare per

i boschi, lungo la riva del mare, e ho così voglia di occuparmi di qualcosa

di interessarmi…

– Mi dica, fuori cosa c’è di nuovo? chiese Ivan Dmitric.

– Cosa c’è?

– Lei vuol sapere cosa c’è di nuovo in città o in generale?

– Bè, prima mi racconti della città, poi in generale.

– Che dire? In città è spaventosamente noioso….

– Non c’è nessuno con cui scambiare una parola, nessuno che valga la pena

di ascoltare.

– Gente nuova non ce n’è.

– Ma parliamo di lei (caro dottore…):

– In tutta la sua vita nessuno l’ha toccata nemmeno con un dito, né spaventato,

né picchiato: è sano come un toro. Il suo paparino ha teneramente allevato il

figliolo, lo ha fatto studiare: e appena laureato, lei si è preso una sinecura.

Più di vent’anni lei è vissuto in un appartamento pagato dallo stato, riscaldamento,

illuminazione, donna di servizio, col diritto di lavorare quanto le pare, anche

di non far niente. Lei per natura è pigro, fiacco, perciò ha organizzato la propria

vita in modo da non dover muoversi, non essere disturbato. Ha delegato tutto

all’infermiere capo e a quei farabutti dei suoi compari, e lei se ne sta in pace

al calduccio, si mette da parte un bel po’ di quattrini, leggiucchia i suoi

libercoli, si gode le sue sublimi meditazioni su eccelse stupidaggini e non

le dispiace ogni tanto di alzare il gomito.

In poche parole, lei non ha visto niente, conosce la realtà solo teoricamente.

Disprezza la sofferenza e non si stupisce di nulla per una ragione molto

semplice: la biblica vanità delle vanità, il disprezzo della vita, della sofferenza

e della morte, la comprensione, il bene supremo tutto ciò è pura filosofia,

adattissima a uno scansafatiche russo.

– Andrej Efimyic, quanti ne abbiamo oggi?

Ricevuta la risposta, Chobotov e il dottore biondo, con il tono della propria

incapacità, cominciarono a domandare ad Andrej Efimyic che giorno era

della settimana, quanti giorni ha un anno, e se era vero che nel reparto

n. 6 c’era uno straordinario profeta.

All’ultima domanda Andrej Efimyic rispose arrossendo:

– Sì, è malato, ma è una persona molto intelligente.

Non gli fecero altre domande.

(Anton Cechov, Il reparto n. 6)

 

 

nature-harde.jpg

 

IL MONACO NERO (4)

Precedente capitolo:

il-monaco-nero-3.html

Prosegue in:

un-dialogo-andrej-efimyic-1.html

2901.jpg

 

 

…Tanja scambiò uno sguardo ansioso col padre e disse con la voce

d’una colpevole:

– Tu stesso noti che il latte ti giova.

– Sì mi giova molto! sogghignò Kovrin.

– Mi congratulo con voi: da venerdì il mio peso è cresciuto di una libbra.

Si serrò forte la testa con le mani e disse con angoscia:

– Perché, perché mi avete curato?

– I preparati al bromuro, i bagni caldi, l’ozio, la sorveglianza, un pusillanime

terrore per ogni mio sorriso per ogni mio sorso, per ogni mio passo, tutto ciò

alla fin fine mi condurrà all’idiozia.

– Io stavo diventando pazzo, avevo la mania di grandezza, ma in cambio ero

allegro e perfino felice, ero interessante ed originale. Adesso son diventato più

ragionevole e più posato, ma in cambio sono come tutti: sono un mediocre e

mi è noioso vivere….

– Oh, come avete agito crudelmente con me!

– Avevo delle allucinazioni, ma a chi davo fastidio?

– Io domando: a chi davo fastidio!?

– Dio sa quello che dici! sospirò Egor Semjonyc.

– E’ triste perfino ascoltare.

– E voi non ascoltate.

La presenza della gente, specie di Egor Semjonyc, ormai irritava Kovrin, che

egli rispondeva in modo asciutto, freddo e finanche villano e non lo guardava

se non con aria e con odio, mentre Egor Semjonyc si turbava e tossicchiava col

fare di un colpevole, sebbene non sentisse di aver colpa alcuna.

Non comprendendo per qual ragione si fossero così bruscamente mutati i loro

gentili e bonari rapporti, Tanja si stringeva al padre e gli getteva occhiate ansiose

negli occhi; voleva capire e non poteva, e per lei era chiaro soltanto che i rapporti

diventavano ogni giorno peggiori, che il padre negli ultimi tempi era fortemente

invecchiato, mentre il marito si era fatto irritabile, capriccioso, attaccabrighe e

poco interessante. Ella non poteva più ridire e cantare, a pranzo non mangiava

nulla, non dormiva per nottate intere, aspettandosi qualcosa di terribile, e

si era sfinita tanto che una volta rimase svenuta da pranzo fino a sera.

– Quanto fortunati eran Budda e Maometto o Shakespeare, che i loro buoni

parenti e i dottori non li curassero contro l’estasi e l’ispirazione!

disse Kovrin.

– Se Maometto avesse preso del bromuro di potassio per i nervi, avesse

lavorato solo due ore su ventiquattro e bevuto latte, dopo la morte di quell’

uomo straordinario sarebbe rimasto così poco come dopo la morte del suo

cane.

– I dottori e i buoni parenti alla fin fine faranno sì che l’umanità diventerà

ottusa, che la mediocrità passerà per genio e la civiltà perirà.

– Se sapeste, disse Kovrin con dispetto,

– come vi sono riconoscente!

(Anton Cechov, Il monaco nero)

 

 

2867.jpg

 

IL MONACO NERO (2)

Precedente capitolo:

il-monaco-nero.html 

Prosegue in:

il-monaco-nero-3.html 

2858.jpg

 

 

‘Fin da stamattina mi tiene oggi occupato una leggenda’,

disse.

‘Non ricordo dove l’abbia letta o udita, ma è una certa leggenda strana,

priva di senso comune. A cominciare dal fatto che non si distingue per

chiarezza.

Mille anni or sono un certo monaco vestito di nero andava per il deserto,

non so dove nella Siria o nell’Arabia…..

Distante alcune miglia dal luogo dov’egli camminava, alcuni pescatori

videro un altro monaco nero che avanzava lentamente sulla superficie

di un lago.

Questo secondo monaco era un miraggio.

Adesso dimenticate tutte le leggi dell’ottica, che la leggenda, a quanto

pare, non riconosce, e ascoltate il seguito.

Dal miraggio risultò un altro miraggio, poi dal secondo un terzo, talché

l’immagine del monaco nero cominciò a riflettere senza fine da uno strato

dell’atmosfera in un altro.

Lo vedevano ora in Africa, ora in Spagna, ora nell’India, ora nell’estremo

Nord.

Infine egli uscì dai limiti dell’atmosfera, terrestre e adesso va errando per

tutto l’universo, senza mai incontrare in nessun modo le condizioni nelle

quali potrebbe svanire.

Forse lo vedono ora in qualche posto su Marte o su qualche stella della

Croce del Sud.

Ma, mia cara, la vera essenza il nodo vero della leggenda sta in ciò, che dopo

mille anni, giusti dacché il monaco andava per il deserto, il miraggio tornerà

a capitare nell’atmosfera terrestre e apparirà agli uomini. E pare che questo

migliaio di anni sia ormai sul finire….

Stando al senso della leggenda, il monaco nero noi dovremmo aspettarcelo,

se non oggi, domani…..

(Anton Cechov, Il monaco nero)

 

2864.jpg

 

DISSOCIAZIONI SPAZIO-TEMPORALI (stati di allucinazioni progressive)

Precedente capitolo:

intanto-nel-laboratorio-di-jekyll.html

Foto del blog:

dissociazioni-spazio-temporali.html 

dissociazioni spazio-temporali

 

 

Rimasero in silenzio.

Il sigaro di Parrish si era spento.

Lo riaccese, tirò una boccata o due, stiracchiò le lunghe gambe

e chiuse gli occhi.

Il nastro continuava a girare lento.

– Guarda che roba!

esclamò d’un tratto Rosenberg.

Stava fissando nella stanza insonorizzata, al di là del vetro.

Parrish allungò il collo per vedere cosa stesse succedendo.

Jessup era rigidamente disteso, come in trance, il capo

abbandonato contro lo schienale imbottito, le palpebre

abbassate.

Il volto però appariva sconvolto da tutta una serie di smorfie,

la bocca si spalancava come se stesse emettendo urla che

però non si udivano, oppure come se stesse cercando di

dire qualcosa senza riuscirvi.

Poi la sua voce, altisonante. 

dissociazioni spazio-temporali

– Incandescente terreno di tipo lunare con miriadi di piccoli

crateri,

parlava a singhiozzi.

Rosenberg premette un pulsante:

– Eddie, stai bene?

– Sto benissimo!

gridò Jessup.

– Ti rendi conto? E’ una visione nuova! Crateri vulcanici gemelli

simili a occhi di gufo! Sullo sfondo, attività vulcanica! Flegetonte!

Antico fiume di fuoco! Detriti piroclastici, lapilli! Un grosso

bacino d’acqua stagnante, paludosa! Sinclinale! Dio! Si sta

spezzando, tutto si sta spezzando! Enormi masse di roccia che

si sollevano come colonne, è assordante! Un rumore assordante!

….Riuscite a sentirmi?

…Un rumore di roccia terribile! 

dissociazioni spazio-temporali

 C’è una montagna che sta sorgendo dal buco senza fondo!

E’ la cosa più incredibile che abbia mai visto!

Massi rocciosi di cinquanta tonnellate sorgono dal mare, una

massiccia crosta terrestre, rocce incandescenti, fumanti, che

si sbriciolano, che si piegano l’una sull’altra!

Sto assistendo alla nascita terribile di una montagna!

Dio, ma non sentite?

E’ il caos!

Dappertutto, dovenque si spinga lo sguardo!

Una massa infinita di rocce che si fendono, di strapiombi!

Sono alte almeno trenta metri, enormi, e continuano ad accatastarsi!

E il sole diventò nero come un sacco di crine e tutta quanta la

luna diventò come sangue, e una grande montagna tutta ardente

di fuoco fu gettata nel mare, e la bestia sale dall’abisso senza

fondo, è l’angelo dell’abisso. 

dissociazioni spazio-temporali

Poi, un improvviso silenzio.

Poterono vedere attraverso il vetro (il tempo che riuscivano ad

elaborare l’immagine) il volto di Jessup che si era di nuovo

rasserenato.

Rosenberg premette il pulsante.

– Stai bene, Eddie?

– Sto bene.

La voce di Jessup giunse sorprendentemente calma, morbida,

incorporea.

– Vuoi una mano a uscirne?

– Sto bene, davvero.

– Okay,

disse Rosenberg.

Si volse verso Parrish:

– Può andare la prossima settimana?

– Per cosa?

– Vorrei portarti un po’ di questo miscuglio e vedere se riusciamo

a capire in che parte del corpo va a finire.

– Vediamo, 

rispose Parrish,

– …La prossima settimana ho da fare con delle poesie…sto

completando una nuova pubblicazione…Dopo analizziamo

questo miscuglio….. 

(P. Chayefsky, Stati di Allucinazione) 

 

 

dissociazioni spazio-temporali

  

IL DOPPIO MOSTRUOSO (2)

Precedente capitolo:

l-aggressivita-intergruppo.html

Prosegue in:

intanto-nel-laboratorio-di-jekyll.html

Foto del blog:

il-doppio-mostruoso-2.html 

il doppio mostruoso 2

 

 

Il sorgere del ‘doppio mostruoso’ non comporta una verifica

empirica diretta, come neanche, a dir il vero, l’insieme dei

fenomeni sottesi a ogni religione primitiva.

Persino dopo i testi sopra citati, il ‘doppio mostruoso’ conserva

un aspetto ipotetico, come tutti i fenomeni associati al meccanismo

della vittima espiatoria, di cui esso specifica taluni aspetti.

Il valore dell’ipotesi è accertabile in base all’abbondanza dei

materiali mitologici, rituali, filosofici, letterari ecc, che sarà capace

di interpretare, come pure in base alla qualità delle interpretazioni,

alla coerenza che instaura tra fenomeni rimasti sino ad oggi 

indecifrabili e dispersi.

Sotto il termine di ‘doppio mostruoso’, classifichiamo tutti i

fenomeni d’allucinazione provocati, al parossismo della crisi,

dalla reciprocità misconosciuta.

Il ‘doppio mostruoso’ sorge là dove si trovano nelle tappe precedenti

un ‘Altro’ e un ‘Io’ sempre separati dalla differenza oscillante.

Si hanno due fuochi simmetrici da cui vengono emesse quasi

simultaneamente le stesse serie di immagini.

Secondo ‘Le Baccanti’, osserviamo due tipi di fenomeni – devono

essercene molti altri – che possono susseguirsi, trapassare gli uni

negli altri, confondersi più o meno. 

Il soggetto, nelle ‘Baccanti’, percepisce in un primo tempo le due

serie di immagini come egualmente esterne a sé; è il fenomeno

della ‘visione doppia’.

Subito dopo, una delle due serie è colta come ‘non-io’ e l’altra

come ‘io’. Questa seconda esperienza è quella del ‘doppio’

propriamente detto. 

il doppio mostruoso 2

Si colloca nel prolungamento diretto delle tappe antecedenti.

Conserva l’idea di un antagonista esterno al soggetto, idea

essenziale per decifrare i fenomeni di ‘possessione’.

Il soggetto vedrà la mostruosità manifestarsi in sé e fuori di

a un tempo. Deve interpretare alla meno peggio quello che

gli capita e finirà necessariamente per collocare fuori di sé

l’origine del fenomeno.

L’apparizione è troppo insolita perché non venga ricollegata a

una causa esterna, estranea al mondo degli uomini.

Tutta quanta l’esperienza è dominata dall’alterità radicale del

mostro.

Il soggetto si sente penetrato, invaso, nel più intimo del proprio

essere, da una creatura soprannaturale che lo assedia anche dal

di fuori.

Assiste inorridito a un duplice assalto di cui è vittima impotente.

Non è possibile difesa alcuna contro un avversario che si fa

beffe delle barriere tra il dentro e il fuori.

La sua ubiquità permette al dio, allo spirito o al demone di assalire

gli animi come più gli piace.

I fenomeni cosiddetti di ‘possessione’ non sono altro che un’

interpretazione particolare del ‘doppio mostruoso’.

(René Girard, La violenza e il sacro)

 

 

il doppio mostruoso 2