UN PO’ DI STORIA (2)

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un po' di storia 2

 

 

Durante la terza generazione cristiana di Antiochia, colpisce

particolarmente la differenza nella struttura della chiesa.

Invece di un gruppo di profeti e dottori, che probabilmente

presiedeva anche alla liturgia, troviamo una gerarchia a tre

ordini chiaramente delineata di un vescovo, un gruppo di

presbiteri e un gruppo di diaconi.

Evidentemente il vescovo è il capo.

Senza di lui non si può far niente, non si può celebrare alcun rito,

compreso il battesimo e l’eucarestia.

Leggiamo in ‘Smirnesi’ 8,1-2: “Nessuno può fare alcuna cosa che

riguardi la chiesa (e la sua diocesi sul territorio) senza il beneplacido

del vescovo. Perciò potrà essere considerata valida solo quella

eucaristica che sia celebrata dal vescovo o da una persona da lui

autorizzata a celebrare.

Dovunque si reca il vescovo, là si deve radunare l’assemblea proprio

come dovunque è Gesù Cristo ivi è la chiesa cattolica.

Separatamente dal vescovo non è lecito né battezzare né celebrare

la sacra cena. Ma tutto ciò che egli approva è parimenti accetto da 

Dio”. 

Il vescovo è anche il supremo maestro della chiesa, garante dell’unità

della fede e dell’unità della chiesa. Significatamente, non si dice niente

di uno speciale gruppo di profeti e dottori, probabilmente perché

Igazio (di Antiochia) ha assorbito in sé come vescovo queste funzioni

carismatiche, sia pure in unione col consiglio degli anziani.

Come dobbiamo immaginare la transizione della struttura relativamente

aperta della chiesa di Matteo attorno all’85 d.C. alla gerarchia

tripartita di Ignazio, che sembra essere un ‘fait accompli’, almeno

ad Antiochia, nel secondo decennio del secondo secolo.

Sembra che alcune ulteriori crisi di Antiochia abbiano richiesto

un irrigidimento delle strutture della chiesa, sicché una chiesa

unita potesse far fronte a un medico comune.

Il fatto che più probabilmente ha assolto questa funzione

catalizzatrice è il sorgere dello gnosticismo, specialmente nelle

sue tendenze docetiste.

Poiché lo gnosticismo rappresentava una minaccia precisamente al

livello dottrinale, fu del tutto naturale che il collegio di dottori e

profeti cristiani ad Antiochia cercasse di riorganizzarsi e unificarsi

per opporsi più efficacemente alla dottrina eretica gnostica.

 

 

un po' di storia 2

     

IL LIMITE DI EINSTEIN (modello standard)

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il limite di eistein

 

 

Tutte queste scoperte suggeriscono che l’universo quand’era in

prossimità del big-bang, ossia quand’era caratterizzato da una

concentrazione di energia estremamente elevata, si trovava in

uno stato molto diverso non solo da quello attuale, ma forse

anche dallo stato previsto dal ‘modello standard’.

Oltre ad essere certamente più caldo, più denso e più curvo di

adesso, probabilmente era anche multidimensionale, popolato

di oggetti esotici come stringhe e membrane, e governato da

forze e leggi di simmetria di cui oggi rimane solo un pallidissimo

ricordo indiretto.

In questo scenario più flessibile, e più ricco di ingredienti, risulta

allora possibile formulare dei modelli cosmologici per i quali non

esiste nessuna singolarità iniziale, e che si possono estendere all’

indietro nel tempo anche all’infinito. 

il limite di eistein

In questi modelli l’universo può dunque tranquillamente esistere,

ed attraversare una lunghissima ‘preistoria’, anche prima del big-bang

vero e proprio, ossia dell’esplosione che dà origine alla materia nella

forma che oggi osserviamo.

Tale esplosione rimane, e segna una tappa certamente molto importante

dell’evoluzione cosmologica, senza rappresentare però l’origine

dello spazio, del tempo, e dell’universo stesso…ed anche dell’antemateria,

accennata.

La teoria della ‘relatività generale’, prevede che lo spazio e il tempo

si incurvino in modo proporzionale alla densità d’energia presente.

Se tale teoria viene applicata ad un universo in espansione, come il

nostro, essa ci porta ad un modello cosmologico nel quale la

curvatura dell’universo varia nel tempo, seguendo l’andamento

della densità e della temperatura.

il limite di eistein

La relatività generale, ci dice che in passato, quando l’universo era

molto più piccolo e più concentrato, era più caldo, più denso e

più curvo di oggi.

Più andiamo indietro nel tempo, e più la densità, la temperatura e

la curvatura dell’universo crescono senza limiti, fino a raggiungere,

in un tempo molto lungo (ma non infinito), uno stato ‘singolare’,

infinitamente denso, caldo, e curvo.

La conclusione che questo stato rappresenti la nascita dell’universo

è suggerita dal fatto che le equazioni della relatività generale non

hanno più senso in presenza della singolarità né, tanto meno, possono

essere estese per tempi precedenti.

In altri termini, le soluzioni di tali equazioni descrivono uno spazio-

tempo ‘incompleto’, che non si estende fino all’infinito, ma che

presenta un’confine’ invalicabile che può essere raggiunto da un

osservatore in un intervallo finito di tempo.

E’ dunque la relatività generale stessa, in un contesto cosmologico,

che porta inevitabilmente alla singolarità iniziale, e che suggerisce

l’idea del big-bang come istante di nascita ed origine dell’universo.

(Pur rimanendo un genio indubbio della fisica e della matematica,

appare inevitabile il limite della sua teoria, ma senza il suo limite non 

potremmo ottenere i progressi negli ambiti di ricerca prefissati…)

 

 

il limite di eistein

  

PATAGONIA EXPRESS (2)

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express

 

 

Nel 1921, nell’estancia La Anita, iniziò l’ultima grande rivolta dei

peones e degli indio.

Capeggiati da un gallego anarchico, Antonio Soto, più di 4000

persone, fra uomini e donne, occuparono l’estancia e la stazione

di Jaramillo. Proclamarono il diritto all’autogestione, espulsero

i capataz, e vissero per un paio di settimane l’illusione del

primo Soviet della Patagonia.

La risposta dei latifondisti non si fece attendere. 

express

Il governo argentino inviò un forte contingente di truppe a sedare

la rivolta.

Arrivarono a mezzogiorno del 18 giugno 1921.

Gli uomini si barricarono nella stazione di Jaramillo.

Le donne rimasero nelle case.

Le armi degli insorti erano i coltelli da gaucho, e un paio di revolver

strappati ai capataz.

L’esercito aveva fucili e mitragliatrici.

Il capitano Varela, al comando delle truppe, dopo aver circondato

la stazione, dette loro tempo fino alle dieci di sera per arrendersi,

garantendo la vita a tutti coloro che avrebbero deposto le armi,

ma, parola di militare in fin dei conti, Varela non rispettò il

termine e alle nove e 28 minuti dette ordine di aprire il fuoco.

Non si saprà mai il numero esatto delle vittime. 

express

Centinaia furono fucilate davanti a tombe che erano state costrette

a scavarsi.

Centinaia di corpi furono bruciati, e nella pampa si sparse l’odore

dei cadaveri carbonizzati. 

Le nove e ventotto.

Una pallottola fermò l’orologio, e così rimane.

‘Hanno riparato il congegno molte volte, ma qualcuno trova sempre

il modo di romperlo e rimetterlo all’ora che deve segnare’, 

mi spiega il controllore.

‘Erano tutti comunisti. Quello che li capeggiava, quel gallego, li

convinse che la proprietà era un furto. fecero bene ad ammazzarli

tutti. Con i comunisti non bisogna avere pietà’,

si intromette il pastore. 

express

L’ultimo lo ammazzarono lungo una frontiera mentre cercava di

scappare, era disarmato, gli trovarono una vecchia macchina

fotografica e tanti sogni di libertà, ucciso dall’infamia di un

ultima calunnia….

Il sole tramonta a ovest, si inabissa nel Pacifico, e i suoi ultimi

riflessi proiettano sulla candida pampa l’ombra della Patagonia

Express che si allontana in senso contrario, verso l’Atlantico, là

dove iniziano i giorni ed i veri sogni di libertà…..

(L. Sepulveda, Patagonia Express)

 

 

express

 

   

11/09/01: ALLA MEMORIA DELLE 650.000 vittime della guerra in Iraq

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Corri…uomo corri…in:

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Sono stato eletto per la prima volta al Congresso nel 1976; ho prestato

otto anni di servizio alla Camera e otto al Senato, e nella veste di vice-

presidente ho presieduto il Senato per altri otto anni.

Da ragazzo, avevo già avuto esperienza diretta delle attività del Congresso,

in quanto figlio di un senatore; mio padre fu eletto nel 1938, dieci

anni prima che io nascessi, e lasciò il senato nel 1971. 

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 ….La relazione tra fede, ragione e paura somiglia al gioco della morra

cinese che si faceva da bambini: la paura allontana la ragione, la

ragione mette in discussione la fede e la fede aiuta a superare la

paura.

In Religio Medici, un libro bandito dalla chiesa nel XVII secolo, nel

decennio del processo a Galileo Galilei, Thomas Browne scrisse:

“Come la Ragione è ribelle alla Fede, così la Passione alla Ragione”.

Browne era uno dei tanti che, agli albori dell’Illuminismo, faticavano

a conciliare la pretesa autorità suprema della chiesa con la ragione e

la natura umana.

Browne era giunto alla conclusione che la fede, la ragione e la passione

‘possan tutti esser Re, e pur non fare che una sola Monarchia, ciascuna

esercitando la sua Sovranità e Prerogativa nel debito tempo e luogo,

secondo il freno e il limite delle circostanze’.  

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Nei 150 anni che seguirono – dalla condanna di Galileo Galilei alla

Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America – molti

pensatori e filosofi illuministi cominciarono a sostenere che soltanto

la ragione dovesse essere considerata la fonte ultima di autorità:

“Ponete la ragione sul suo trono e sottoponete al suo giudizio ogni

fatto, ogni opinione”, scrisse Thomas Jefferson. 

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 “Mettete in discussione senza timori persino l’esistenza di Dio;

poiché, se ne esiste uno, Egli approverà certamente l’omaggio della

ragione che quello della cieca paura”…..

….Presentando l’invasione dell’Iraq come il fronte centrale di uno

scoppio epico tra il Bene e il Male, il presidente Bush ha cercato di

nascondere la sua politica di guerra preventiva sotto il manto della

fede religiosa.

Gli americani, naturalmente, erano ancora storditi dalla ferocia e dalla

portata degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

Il timore di ulteriori attentati e l’intesa rabbia provata nei confronti

di coloro che hanno ucciso i nostri concittadini hanno fatto sì che il

nostro paese fosse insolitamente disposto a seguire la leadership del

nostro presidente e ad approvare un attacco militare nei confronti degli

obiettivi di sua scelta. 

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Inizialmente, il presidente Bush ha saggiamente inviato le nostre truppe

in Afghanistan per combattere i terroristi e distruggere le loro basi; 

poco tempo dopo, tuttavia, ha cominciato a distogliere il desiderio 

di vendetta della popolazione americana da Osama bin Laden,

indirizzandolo invece verso Saddam Hussein. Nel far questo, Bush

ha offerto agli americani un semplice criterio per aggirare le complessità

della politica estera, dividendo tutte le nazioni in due semplici categorie:

‘O con noi, o contro di noi’.

Bush ha poi incluso l’Iraq nell’Asse del male’ e ha prodotto prove 

contraffatte per dimostrare che Saddam era sul punto di costruire la

bomba atomica. 

Poco prima di cominciare a suonare la grancassa a favore della guerra

in Iraq, il presidente Bush annunciò che il suo vero nemico era in 

realtà il Male stesso. 

Il giorno dopo l’11 settembre, Bush proclamò: ‘Ci sarà uno scontro

epocale tra il Bene e il Male, ma il Bene trionferà’. 

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  ….Come altri hanno osservato, la propensione di Bush a calare le

sue politiche nel contesto di un fatidico conflitto spirituale tra il

Bene e il Male non ha nulla a che vedere con la dottrina cristiana;

sembra invece richiamarsi a un’antica eresia mal interpretata.

La semplicità è sempre più attraente della complessità; la fede è

sempre più rassicurante del dubbio.

La fede religiosa e le spiegazioni semplificate della realtà assumono

un valore ancora maggiore nei periodi di grande paura. Inoltre, nelle

fasi di grande incertezza e preoccupazione, un leader che promuova

politiche semplicistiche rivendicando al tempo stesso di essere

guidato da un’entità soprannaturale può sottrarsi più facilmente a

scomode domande basate sui difetti logici più evidenti delle sue

argomentazioni.

……La semplicità di molti suoi pronunciamenti viene spesso interpretata

(a torto) come la prova che Bush è riuscito ad arrivare al cuore di un’

istanza complessa, quando in realtà è vero il contrario: tanto semplicismo

è indice del rifiuto persino di considerare la complessità.  

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 Nonostante questo, non ricordo un singolo giornale o opinionista o

leader politico che abbia osato mettere in discussione l’asserzione del

presidente Bush che l’obiettivo del nostro paese debba essere quello

di ‘estirpare il Male dal mondo’.

Come pure non mi sembra che si siano levate molte voci critiche nei

confronti della logica insensata con la quale il presidente Bush e il suo

vice hanno fuso insieme Osama bin Laden e Saddam Hussein. Nel

combattere una guerra contro un nome (terrorismo) e una nazione

(l’Iraq) che non aveva nulla a che fare con l’attacco che volevamo 

vendicare, è come se la nazione avesse deciso di sospendere

temporaneamente il normale rigore dell’analisi logica.

(Al Gore, L’assalto alla Ragione)

 

 

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QUESTIONI PERSONALI E INTERESSI INTERNAZIONALI (negli stessi anni)

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e interessi internazionali

 

 

La diatriba religiosa e il fratricidio in nome di Dio….erano la causa

principale del caos tedesco, ma non la sola.

Altre vi concorrevano.

Ciascun principe germanico sognava di cingere la corona di Sacro

Romano Imperatore, anche se da secoli non era che un simbolo vuoto

e screditato. Per inseguire l’impossibile chimera d’una restaurazione

carolingia, i signori tedeschi abdicavano all’unità nazionale, rintuzzando

e soffocando ogni tentativo di dare al Paese una guida centralizzata. 

e interessi internazionali

Ciascuno badava al suo ‘particulare’ e mirava solo all’ingrandimento

del proprio territorio a spese di quelli vicini e rivali.

Batteva moneta, arruolava eserciti, faceva e disfaceva alleanze,

dichiarava guerre.

Anche all’interno di questi mini-reami c’era una gran baraonda.

Le leggi di successione erano incerte e anacronistiche. 

e interessi internazionali

Nell’Assia-Cassel il diritto di primogenitura era sconosciuto, il

principe spartiva i suoi possedimenti tra i figli, e questi a loro 

volta li dividevano fra gli eredi. 

I Principati spuntavano come funghi: in una provincia se ne potevano

contare fino a dieci, molti erano limitati a una città, alcuni non

uscivano dai confini d’un villaggio con poche centinaia di anime,

strette attorno a un rozzo padiglione di caccia, capitale e palazzo 

del Signore. 

e interessi internazionali

C’erano le cosiddette città libere, sottoposte alla giurisdizione

platonica dell’Imperatore.

C’erano i feudi della Chiesa, in mano a Principi-vescovi, indipendenti

da tutti, specialmente dal Papa.

C’erano i liberi cavalieri, come quel certo Gotz von Berlichingen, 

che si vantava d’obbedire solo a Dio, all’Imperatore e a se stesso.

(……) In quale baratro le dispute teologiche, le persecuzioni religiose,

le divisioni dei principi, il guazzabuglio di leggi, la riottosità dei

piccoli nobili, l’impotenza dell’Imperatore avessero piombato la

Germania, è facile da immaginare.

Il Paese, spezzato e incapace di darsi un assetto unitario, di diventare

cioè una nazione, non aveva, e non poteva avere una società, ch’è

articolazione e fusione di classi.

Non che in Germania mancassero.

C’erano, ma non comunicavano e anche all’interno non avevano

un ricambio.

Le gerarchie erano rigide come nell’età feudale. 

e interessi internazionali

I nobili se ne stavano arroccati nei loro manieri, dediti alla caccia,

ai tornei, alla guerra, refrattari a ogni novità, spavaldi, rozzi,

ignoranti.

Vivevano di rendite, gabelle e rapine, andavano di rado in città

e trattavano dall’alto in basso i borghesi. Questi – commercianti,

artigiani e piccoli industriali – sfruttavano il popolo minuto, 

diseredato e inerme. 

Il clero campava, come al solito di decime ed elemosine.

La moralità pubblica e privata lasciava molto a desiderare.

In nessun Paese d’Europa i costumi erano rilassati come in 

Germania.

Specie l’alcolismo dilagava.

‘I buoi’ scriveva un contemporaneo ‘cessano di bere quando non

hanno più sete.

I tedeschi invece, cominciavano allora’. 

e interessi internazionali

Nelle città e nelle campagne, vino e birra scorrevano a fiumi.

Un principe cattolico si congedava dagli amici con questa frase:

“Valete et inebriamini” (state bene e sbronzatevi).

Il Langravio d’Assia, in un accesso di temperanza, fondò una lega

antialcolica, il cui primo presidente morì ubriaco. 

e interessi internazionali

Luigi del Wurttemberg sfidò due noti beoni a chi tracannava più

vino e birra. Quando costoro furono completamente ebbri, li fece 

caricare su un carro con alcuni maiali e rinchiudere in un porcile.

Il vizio era comune a tutte le classi e diffuso a tutti i livelli.

Le leggi contro gli eccessi del bere restavano lettera morta.

Uguale effetto sortivano quelle contro le prostitute, i lenoni,

i pederasti, gli usurai.

(Indro Montanelli, Storia d’Italia)

 

 

e interessi internazionali

    

L’UCCELLO COMBATTENTE

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l'uccello combattente

 

Un punto interessante da esaminare è la stretta correlazione tra

colore e comportamento.

In breve: i maschi indipendenti sono quasi sempre di colore scuro,

i satelliti invece sono chiari, bianchi o quasi bianchi.

E così occorre parlare di genetica, ma purtroppo non si hanno dati

a sufficienza per poter fare asserzioni certe.

Ad ogni modo sembra probabile che un piccolo numero di geni

controlli il colore degli ornamenti e, quasi certamente, anche la

qualità delle manifestazioni comportamentali. Si potrebbe, così,

pensare ad un destino prefissato, per i maschi combattenti.

Ed in parte sembra essere vero, almeno se parliamo in termini 

di probabilità.

l'uccello combattente

Esistono però alcuni casi che suggeriscono che la cosa non è così 

semplice. Né potrebbe esserla, a ben pensarci, essendo lunga assai

la strada dal genotipo al comportamento.

Lunga assai e pertanto ben suscettibile ad interventi ed influenze

d’ordine, in senso lato, ambientale.

Così mi piace raccontarvi il caso di quel maschio con tipico piumaggio

da satellite che, posto in cattività insieme con alcune femmine ed

in assenza di altri maschi, si comportò decisamente da residente,

mostrando anche una precisa preferenza territoriale per un determinato

posto che, possiamo immaginare, per lui significa la sua corte,

pur non essendoci, in quella situazione, una vera arena.

l'uccello combattente

Lo stesso maschio poi, nella medesima stagione riproduttiva, 

rimesso in presenza d’un certo numero di maschi residenti per

colore e per comportamento, riprese però il suo ruolo di satellite,

e fu più volte osservato entrare, tollerato, nelle corti altrui.

Insomma, non sto a dilungarmi coll’aneddotica, ma sembrerebbe

che i genotipi che determinano colore chiaro anche determinino,

per lo meno, una ‘vocazione’ per lo stesso satellite, e quelli che

determinano il colore scuro una ‘vocazione’ a divenire indipendenti.

E che ciò possa essere influenzato dall’ambiente sociale, così

che al limite il ‘geneticamente predestinato’ a ricoprire un ruolo

possa ricoprire anche l’altro. 

A suggerire l’idea sta anche il fatto che esiste una certa fascia di

individui intermedi, né troppo chiari né troppo scuri, e questi s’è

visto che possono slittare, nel corso del loro sviluppo, sia verso

il ruolo di indipendente che verso quello di satellite, a seconda

della quantità di maschi di colore scuro presenti. 

Se questi sono pochi, in pratica, una parte degli intermedi verrà

reclutata con finalità direttamente riproduttive, e non per svolgere

la parte sussidiaria, cooperativa, del satellite.

(Ma purtroppo esistono i cacciatori, e la vita, con la sua spirale

crescente, creativa, spesso si estingue, grazie all’imbecillità altrui….)

(D. Mainardi, Dalla parte degli animali)

 

 

l'uccello combattente

   

5 SETTEMBRE 1568

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5 settembre 1568

 

 

Nell’estrema sua età il Campanella, accolto nelle corti e carezzato

dai grandi, soleva pure ricordar con piacere la grata impressione

che aveva prodotto in lui l’avere veduto per la prima volta scolpiti

i suoi versi in un arco di tempo eretto nella devota chiesa del suo

convento.

Ma ripigliando il discorso della sua età giovanile, le lodi che d’ogni

parte di sé gli venivano udite erano tanto pungenti stimoli di

gloria al suo cuore. 

5 settembre 1568

Imperciocché non si negavano a lui quelle lodi, le quali agl’ingegni

precoci mai si negano, e che ben presto gli uomini per invidia

convertono in calunnie e in oltraggi: tanto loro pesa la saggezza.

E scrisse in San Giorgio le lezioni che ascoltava riducendole in

miglior forma e come in compendio.

Pure di quelle il suo ingegno poco si contentava.

Onde si diè da ultimo ansiosamente a cercare, se nella filosofia

aristotelica, quale allora insegnavasi nelle scuole, tutto fosse vero,

o non piuttosto il vero fosse mescolato col falso, di che già gli

era entrato nell’animo un dubbio crudele.

 

(Sì’ ccorse, il povero Campanella, ieri come oggi, che la scuola

non insegna alla favella, ma solo a far bottega, prima di lui anche

il pagano, maledetto apostata sì’ccorse dell’usanza in questa

strana creanza, che il professor è più indegno del suo …povero

scolaretto…).

 

5 settembre 1568

E’ fama che il Campanella nelle sue prime indagini muovesse il

dubbio e che tanto spingesse il suo pirronismo storico da dubitare

perfino se Carlo Magno, uno de’ personaggi meglio compravati

della storia fosse mai stato.

E volse i greci e gli arabi commentatori d’Aristotile, e volle vedere

co’ propri occhi: ‘Se le cose che essi dicevano si leggessero o pur

no nel mondo, il quale aveva da’ savi appreso a riguardare come

codice vivo di Dio’.

Né i maestri suoi gli davano tali risposte ai dubbi ch’ei lor proponea

che il potessero soddisfare; onde ei fece seco medesimo questo

propinimento, di volere d’ora innanzi leggere da sé i libri di

Platone, di Plinio, di Galano, degli Stoici, e de’ seguaci di Democrito,

ed in ispezialità i libri del Telesio, vedere che di vero, che di

falso contenessero quelli.

(M. Baldacchini, Vita di Tommaso Campanella)

 

 

5 settembre 1568

 

E CONTRO L’INTOLLERANZA (primo germe del male…nominato guerra)

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e contro l'intolleranza

 

 

….Il modello della società cristiana non era minacciato, agli occhi del

vescovo, soltanto dal pericolo dell’eresia. Ed è qui che si coglie la

differenza sostanziale rispetto al controllo inquisitoriale.

Gli esterni tollerati – zingari, ebrei – e gli interni devianti per pubblici

e clamorosi peccati – bestiammiatori, strozzini, concubinari,….eretici –

dovevano essere isolati, allontanati o costretti a piegarsi alla ‘vera’

norma cristiana. 

e contro l'intolleranza

Per questo, si prevedeva che i pubblici peccatori che si presentavano

alla comunione pasquale non potessero essere ammessi se prima

non avevano dato chiari segni del loro proposito di cambiar vita.

Il parroco non poteva invece allontanare i peccatori che tali risultassero

solo a lui – evidentemente, per non incrinare il principio della

segretezza della confessione.

Ma poteva differire l’assoluzione in attesa di avere segni certi del

pentimento del peccatore – per esempio, l’annullamento dei

contratti usuraii da parte degli strozzini. 

e contro l'intolleranza

Si torna dunque alla confessione (ritengo che il concetto possa

essere esteso anche a quella confessione pubblica, appartenente

all’arte, cultura, e ricerca, tutte le volte che espongono un dissenso

rispetto alla morale odierna): e qui la differenza tra l’uso

inquisitoriale e l’uso vescovile appare evidente.

All’inquisitore premeva solo impadronirsi delle conoscenze per

rendere efficace la sua opera di caccia (costante nel tempo e nei

luoghi) …all’eretico.

Al vescovo, invece, la confessione serviva come strumento di

regolazione dell’intera società: per cancellare le colpe morali,

per ridurre all’ordine cristiano chi se ne allontanava, per dare

efficaci esempi di conversione.

Il progetto prese varie forme: ma fra tutte quella che ebbe più

importanza nella vita quotidiana della popolazione fu la pratica

della ampia riserva dei casi e quella, in parte connessa, delle

penitenze pubbliche.

Ambedue avevano un’origine nella volontà di costringere i ‘presunti’

peccatori a mutar vita (anche quando solo esprimevano un semplice

dissenso..). Non era una penitenza dalle maglie larghe quella

proposta da Carlo Borromeo: né la sua idea della confessione dei

peccati aveva niente a che spartire con quella finzione consolatoria,

di rimedio ai terrori e alla disperazione del peccatore, che per altri

era preminente. Questo lo si vede specialmente nell’ampiezza che

assunse sotto di lui il sistema di riserbare all’autorità del vescovo

una grande quantità di peccati.

e contro l'intolleranza

Nei casi di peccati socialmente noti, il peccatore doveva scontare 

pene che mostrassero a tutta la comunità l’abbandono delle 

pratiche colpevoli e il ritorno alla comunione ecclesiastica.

Era un principio affermato dal Concilio di Trento a cui Carlo

Borromeo dette particolare importanza. 

Per questa via, storie di peccati e penitenze riempirono la

corrispondenza tra l’arcivescovo e i suoi curati. 

Nel 1572, ad esempio, davanti al curato si presentò per confessarsi

un certo Bernardo da Dosso e confessò di aver ricorso a una pratica

superstiziosa per guarire dalla febbre di cui soffriva. Il suo caso

rientrava tra quelli per i quali Carlo Borromeo si era riservato l’

assoluzione. Il curato dovette perciò scrivere all’arcivescovo il quale

concesse l’assoluzione ma con precise condizioni:

 

Se la cosa è pubblica, lo farete stare un giorno di festa pubblica

sopra la porta della chiesa con una corda al collo, mentre si

diranno le messe, e voi essagerarete il fatto allo altare con un

sermone. Quando egli habbi segnato la febre ad altri, o insegnato

ad altri il segnarla, lo farete far duplicata penitentia.

 

La gamma dei casi riservati stabilita dal primo concilio provinciale

(1565) ne comprendeva dodici e andava dal rapimento di fanciulle

alla falsificazione di monete, di bilance, di misure.

E’ un elenco che negli anni successivi si complicò e si arricchì di una

casistica nuova.

Nel secondo sinodo diocesano milanese (1568) Carlo Borromeo

aggiunse per la sua diocesi una decina di casi in più, tra cui quello

di chi conosceva e non denunziava eretici o lettori di libri eretici (figurarsi

chi li scriveva….).

 

(In virtù di questo fatto, o mio caro uditore, dal passo scalzo o

calzato da ricco mocassino, di un buon bicchier di vino, con la 

rima di voglio rispondere, e dirti che il mio libro non è ancora

finito. Quando lo sarà a te io farò dono, dopo averlo incorniciato

e pubblicato con la mia povera moneta, almeno la storia non

dimentica la nostra pena e il tuo inganno. E ti lascio all’arte tua

che non è figlia della scienza, ma della più stupida e dubbia…

….coscienza…!)

(A. Prosperi, Tribunali della coscienza)

 

 

e contro l'intolleranza