COMMENTO AL CAPITOLO PRECEDENTE (un Inquisitore)

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Breve commento del curatore del blog, con annesso sermone ‘eretico’.

Un problema di non poco conto è sull’interpretazione del concetto di ‘infallibilità’,

di cui ho dato breve accenni nel capitolo precedente, ma che intendo approfondire.

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Infallibilità frammento di singola parola che in realtà nel suo insieme raccoglie

e sottintende molto di più di quanto noi, nello sforzo di voler interpretare

possiamo sperare di raggiungere dall’essenza del suo opposto donde sappiamo

provenire.

Il dogma dell’infallibilità è degno di nota perché con esso la Chiesa ha gestito e

continua a gestire il principio stesso della fede. Ciò che, per taluni profani, o non

addetti ai lavori, può apparire banale, in realtà per altri è cosa assai importante.

Per questo motivo a taluni la prodigiosa macchina eretica appare ed appariva

così infernale. Perché nella interpretazione, e successivamente nell’esposizione

teologica il ‘frammento’ che l’aveva originata, è pietra angolare di un intero

edificio teologico. Con esso un intera cultura che si snoda nell’arco di secoli.

E di cui ancora i riflessi sono ben presenti sia nel nostro ordinamento giuridico,

sia nella nostra comune visione di intendere o (peggio) interpretare le cose.

In realtà dobbiamo partire dalla premessa indispensabile, che la tradizione

orale è cardine e principio di ogni civiltà. Poi è apparsa la scrittura. All’inizio

della civiltà, tutto ciò che era fondamento di una vasta comunità, era affidato

al compito della memoria orale. Poi venne appresa l’abitudine e la capacità

della scrittura. Soprattutto per esigenze pratiche. Quello che separa o divide,

ai giorni nostri due differenti ‘mondi’ apparentemente distanti fra loro, come

la cultura ‘uso stampa’ (letteratura e altro), e la cultura del vasto mondo di

Internet, per sollecitare un esempio calzante che si modella al nostro caso.

Stessa evoluzione che si conosce fra la memoria orale (fatti, avvenimenti, miti,

detti, leggende, principi, preghiere, canzoni, cronache, racconti e via dicendo) e

lo ‘scriba’, il copista, e successivamente il torchio uso stampa; dalla stampa,

al variegato mondo informatizzato della cultura della ‘rete’.

Tutti passaggi che suscitano ed hanno suscitato un confronto fra ortodossi

ed eterodossi, non solo del pensiero teologico, ma anche del mondo culturale

dove si riconosce una evoluzione.

Il Cristianesimo appare a tutti gli effetti una lenta e graduale evoluzione dettata

da principi e necessità spirituali e oserei dire storiche, che ha costruito le sue

innumerevoli vicissitudini sociali e teologiche su delle premesse e fonti che

con i secoli hanno perso del tutto il loro vigore e la loro incisività, proprio per

il motivo della trasposizione orale; per cui la vera natura si è andata sminuendo,

perché persa o confusa nella storia stessa che con difficoltà riesce a risalire se

non addirittura interpretare la sua stessa origine; culminando nel paradosso

di eresia o pericolosità insita nel pensiero di un primo profeta (che potrebbe

contraddire quella famosa infallibilità o se non altro concedere diversa visione).

Ecco, così, che il frammento acquista in ogni epoca cui rivolgiamo la nostra

attenzione, molta importanza. Perché su di esso possiamo rintracciare l’origine

di un’intero codice genetico di credenze, intuizioni, pensieri…, divenuti simboli,

geroglifici, scritture.

Questa fonte potrebbe nei secoli e millenni aver mutato del tutto la sua vera

natura. Influssi e contaminazioni hanno indebolito rafforzato o svelito il pensiero

originario, fino a perdere ogni vigore. E ogni possibile verità cancellata a beneficio

di un’altra ‘specie’, che per esigenze storiche e successivo adattamento ‘sociale’ ha

mutato le proprie caratteristiche, pur mantenendo nel proprio codice genetico

affinità e connessioni, che per quanto stentiamo a riconoscere in realtà vi sono

ben evidenti.

Del resto, come nel vasto dibattito del mondo evolutivo che difficilmente in talune

culture è riuscito a compiere i suoi passi nella verità più consona alla Terra e

di conseguenza all’Universo abitato. Con miopia riusciremmo a trovare congiunzioni

fra il vasto mondo acquatico e le successive mutazioni che ha conosciuto quel

primo essere vivente uscito dal suo originale insediamento.

Così per concludere, infallibilità rappresenta sempre un orrore innanzitutto in

seno a qualsivoglia interpretazione; il concetto stesso di vita o semplicemente

di luce nasce dal moto opposto ed è più consono ad una casualità di eventi.

Infallibile può essere il pensiero primo, casuale, ciò che si è originato successivamente

non ad un intento manifesto di creazione volontaria, intesa come gesto pensato,

così come l’infallibilità di quel Dio immaginato ed interpretato, ma invece come

conseguenza propria di una duplicità fra materia e spirito, fra anima e creato,

fra infinito e finito.

Fra ciò che è materia e il suo opposto (donde sappiamo provenire).

Forse per millenni abbiamo avvertito Dio, e la sua esigenza, come il frutto di

qualcosa originato innanzitutto dalla conflittualità fra materia e spirito, e questa

certo, non può che fruttare e motivare pensieri inerenti alla sua specifica natura,

con la presunzione di definire, interpretare e riportare la sua volontà, o ancor

peggior bestemmia, elevandoci noi a sua immagine e somiglianza per decretare

una improbabile infallibilità.

Noi quali esseri viventi, pur volgendo verso una possibile perfezione, proveniamo

e siamo, una continua imperfezione in seno alla natura.

Forse la natura in questo ci è maestra.

Ma anche qui, l’errata interpretazione ha fatto sì che l’abbiamo ridotta ad un

sottoprodotto delle nostre esigenze, piegandola al nostro volere accompagnato

all’insaziabile ed ingordo bisogno di deciderne e controllarne gli eventi, e

quindi sottometterla ai nostri bisogni.

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COMMENTO AL CAPITOLO PRECEDENTE (un Inquisitore)ultima modifica: 2011-06-17T18:00:00+02:00da giuliano106
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