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La posizione dei teologi medievali riguardo ai lupi mannari si divide in due
filoni fondamentali: alcuni di essi pensavano che la trasformazione avvenisse
realmente, altri sostenevano che si trattava di un inganno del demonio.
Tutti erano d’accordo, però, nel ritenere che il trattamento più appropriato
fosse quello di distruggerli e, così come era avvenuto per i vampiri,
bruciarli; anche là dove la trasformazione non era ritenuta reale, veniva
propugnata fortemente da parte degli inquisitori, sia laici che ecclesiastici,
la necessità di condannare questi licantropi.
Uno dei principali assertori della fondatezza della condanna e difensore di
una procedura che giudicava corretta fu Jean Bodin (1530-1596), uno dei più
attivi demonologi e una delle figure più intransigenti riguardo al problema
della stregoneria, protagonista di un’aspra disputa con Wier.
Johan Wier, a proposito del meccanismo che provocava le illusioni diaboliche
e faceva credere alle streghe e agli uomini di recarsi al sabba in volo o di
trasformarsi in lupo, sosteneva che queste persone potevano essere paragonate
agli estatici, i quali come usciti fuori di sé e privati di ogni sensazione e
movimento, giacciono simili a morti e quando sono svegliati dal sonno
profondissimo, o richiamati dalla morte alla vita, ritornano in sé e narrano
strane storie e straordinarie favole.
Egli dedica un capitolo intero al ‘morbo’ chiamato licantropia al quale gli
uomini credono di tramutarsi in lupo.
La cosa più difficile e incredibile cui credere è la trasformazione della forma
e del corpo umano in quello di un animale. Tuttavia i processi tenuti contro le
streghe, le storie divine, quelle umane, e le storie di tutti i popoli provano che
è cosa certissima. Leggiamo nel libro V degli Inquisitori degli Stregoni, che uno
stregone di nome Stafo, nel territorio di Berna, avendo molti nemici, riusciva
spesso a scappare all’improvviso quando si trovava in mezzo a loro sotto le
sembianze di animale; né poteva essere ucciso se non mentre dormiva.
Questi lasciò due suoi allievi, i più grandi stregoni di Germania, Hoppone e
Stadlino, i quali da quel luogo scatenavano tempeste, fulmini e burrasche.
Senza allontanarci molto da questo regno, abbiamo un processo tenuto nel
parlamento di Dole, con sentenza datata 18 gennaio 1574, contro Gilles Garnier
di Lione, che non riporteremo qui, poiché è stampato a Orleans da Eloy Gilbier,
e a Parigi da Pietro di Haies.
Riporteremo solo i punti principali di cui egli fu accusato.
Il suddetto Garnier, il giorno di S. Michele, afferrò una fanciulla di dieci o di
dodici anni presso il bosco della Serra in una vigna che faceva parte dei
vigneti di Chastenoy, distante un quarto di lega da Dole, e qui la ammazzò con
le sue mani simili a zampe di lupo, con i suoi denti lacerò la carne della coscia
e di un braccio, e ne portò anche a sua moglie.
Sotto le stesse sembianze di lupo un mese dopo afferrò un’altra fanciulla e l’uccise
e stava per divorarla, se non fosse stato impedito da tre persone, come egli stesso
ha confessato. Quindici giorni dopo strangolò un fanciullo di dieci anni e ne
divorò la carne delle cosce, delle gambe e del ventre. In seguito sotto sembianze
umane, e non di lupo, ammazzò un altro giovane di dodici o tredici anni nel
bosco del villaggio di Perosa con intenzione di divorarlo, se non gli fosse stato
impedito, come confessò sua sponte e senza tortura. Fu condannato a essere
bruciato vivo, e la sentenza fu eseguita.
Un altro processo si tenne a Besancon da parte di Joan Boin, nell’anno 1521, nel
mese di dicembre, i cui atti sono stati spediti in Francia, Italia e Germania, ed è
stato a lungo nel capitoloXIII del VI libro del suo De prestigiis, da Wier, il
difensore degli stregoni.
(E. Petoia, Vampiri e lupi mannari)