PSICOLOGIA DI UN DITTATORE

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Ma noi non siamo seguiti solo dalle nostre azioni, ma anche dai nostri

pensieri e dalle nostre passioni.

Le forze del male e il desiderio di violenza che noi abbiamo scatenate

nella nostra fantasia, lavorano da sole senza curarsi delle intenzioni

nel momento specifico; e le frecce del nostro desiderio colpiscono

bersagli (sempre innocenti….) che la nostra coscienza non aveva mirati.

Durante l’ultimo colloquio coll’autore, Mussolini aveva aperta una

breve parentesi e aveva detto:

“I miei oppositori non si rendono conto del fatto che un momento

rivoluzionario come questo, porta con sé un’ondata di criminalità.

Invece di rendere il lavoro, a cui dedico tutta la mia vita, più difficile

dovrebbero aiutarmi a dominare queste forze tenebrose”.

Era eloquente e serio. 

Sembrava sincero.

La sera di quello stesso giorno egli lasciò Milano.

Poco dopo la sua partenza, case della periferia presero fuoco nella

notte; la delinquenza dilagava, risuonarono nella notte gemiti di

oppositori pugnalati o bastonati. 

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Molti sussurravano che il Primo ministro in persona prima di lasciare

il palazzo del Governo, avesse dato questi ordini.

Non si poteva averne nessuna prova.

Ma i colpevoli rimasero, come al solito, impuniti, ed è molto probabile

che Mussolini sia stato sincero sia quando scongiurava di fare allontanare

le forze brute (delle quali per altro, come provato, si serviva) sia

quando dava loro in mano le torce incendiarie, sia quando perseguitava

oppositori del regime.

Poco tempo prima un capo dell’opposizione, Amendola, aveva avuto

la solita lezione, le cui conseguenze erano state immediatamente

letali. Quando lo venne a sapere, Mussolini andò su tutte le furie e,

scuotendo la cornetta del telefono, rovesciò una valanga di insolenze

e di minacce contro la polizia o chinque avesse istigato o tollerato

gli autori del delitto (di cui era il mandante). 

Almeno così riferì un funzionario…molto vicino a lui.

Ma un’altra persona, altrettanto intima, sosteneva invece che Mussolini

si fosse fregate le mani e avesse detto (al resto della cricca…):

“Stamane mangerò di più e con più appetito!!”     

Può darsi che tutte e due le frasi siano vere. 

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 Comunque i colpevoli non furono processati, sono liberi…

Dopo la scomparsa, non ancora spiegata, di Matteotti, Mussolini parlò

alla Camera dei deputati, dichiarando il suo orrore al solo pensiero

che essa potesse essere definitiva; solo il suo peggior nemico – asserì –

potrebbe aver commesso un delitto simile, ma non credeva a quella

dolorosa ipotesi.

La sua voce si alzava e si abbassava, in mistico tono di fede o di

preghiera mentre esprimeva la speranza, anzi la fiducia, che Matteotti

ricomparisse improvvisamente alla Camera in mezzo ai suoi colleghi. 

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Se mai un uomo fu sincero, lo fu Mussolini in quel momento.

Se avesse avuto il potere di far resuscitare i morti, non avrebbe

esitato a farne uso per far tornare in vita Matteotti.

Ma, mentre con le parole esprimeva in tono giustamente tragico pietà

e terrore, speranza e disperazione, egli sapeva benissimo che quell’

uomo era stato ucciso e che il suo corpo era stato sepolto in qualche

parte remota della desolata campagna romana.

Un simile assassinio non era una novità.

E’ vero che di tutte le rivoluzioni quella fascista fu la meno sanguinaria

e che ebbe una percentuale di morti assai inferiore a quella del 

terrore francese o del bolscevismo russo. Del resto la spiegazione

di questa relativa moderazione è data dal fatto che il fascismo non

fu una rivoluzione né grande né piccola, ma soltanto un colpo di

stato controllato direttamente dall’esercito e dalla dinastia e,

virtualmente, con la connivenza della Chiesa.

Per cinque anni, tutti gli assassini e atti di violenza che potevano

essere utili vennero perpetrati con impunità; il fascismo aveva

già conquistato Roma e la responsabilità legale del potere, quando

degli operai rossi, o rossastri di Torino furono caricati su dei

carretti per essere trucidati (dopo essere stati multati) all’alba fuori

porta (si dice che già i tedeschi furono contenti del trattamento

loro riservato…); e più tardi, il fascismo aveva già raggiunto un

indiscusso controllo editoriale, quando di tanto in tanto un vecchio

amico di Mussolini, a Firenze o altrove, veniva svegliato di notte

e ammazzato sotto gli occhi della moglie e dei figli….

(G.A. Borgese)

 

 

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PSICOLOGIA DI UN DITTATOREultima modifica: 2011-08-15T20:00:00+02:00da giuliano106
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