IL SUPERUOMO NEL WEST (2)

 

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‘A questo cupo quadro possiamo aggiungere un appassionato

amore del gioco d’azzardo, un’inclinazione innata alla simula-

zione, alla ghiottoneria ed a qualsiasi cosa possa lusingare la

sensualità’.

 

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Padre De Smet sarà intermediario fra le autorità americane e

i Sioux di Sitting Bull, che egli riuscì a cattivarsi, giungendo

fra loro, narra, con una bandiera di pace sulla quale campeg-

giava la Vergine Maria, così simile alla loro Vergine dei bi-

sonti; ma poiché la sua bonarietà seducente celava un così

radicale disprezzo, non è inverosimile quanto ancor poco

tempo fa i vecchi Sioux ripetevano: ‘I nerovestiti erano i mi-

gliori amici di Sitting Bull mentre era nella prateria, ma

quando venne all’agenzia furono i primi a rivoltarsi contro

di lui’.

 

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Il sommo naturalista Audubon seguì dal 1840 al 1843 gl’

itinerari del pittore Catlin e tenne un diario in cui rinfaccia

al suo predecessore la cooperiana benevolenza verso gl’In-

diani. 

Nulla in loro riconosce che non sia spregevole o ridicolo.

Ecco una tenda sciamanica:


Eravamo entrati in questa bottega d’antiquariato da parte

una pelle d’alce bagnata, stesa su quattro piuoli. Guardan-

domi attorno vidi un certo numero di recipienti, otto o dieci

teschi di lontre, due grossi teschi di bufalo con le corna, chia-

ramente di un’età assai avanzata, e alcuni bastoni e altri stru-

menti magici coi quali un gran mago ha dimestichezza.

Durante la mia spedizione un Indiano sedeva curvo e acco-

sciato, avvolto in una coperta sudicia da cui spuntava soltan-

to la sozza testa.


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Gl’Indiani affamati e sudici mangiano animali putrefatti e

Audubon esclama: “Ah, signor Catlin! Mi dispiace di vedere

e leggere i ragguagli che deste degl’Indiani incontrati.

Di praterie soffici come tappeti, di lontani vellutati paesag-

gi’ non ne abbiamo visti”.

Ogni contatto con l’Indiano è revulsivo: s’accostano alcuni

celebri guerrieri, ‘il solo tocco delle loro mani è nauseoso,

sarà una liberazione davvero eliminare tutta questa ‘poesia

indiana’.

 

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Nel suo saggio su Concord a distanza di un secolo dalle ul-

time vicende missionarie, colui che per tanta parte fu l’epi-

gono dello spirito puritano, Ralph Waldo Emerson, rammenta

la patente del Massachusetts che imponeva di attendere alla

conversione, ma dipinge l’Indiano quale ancora puritanamente

gli appariva, un remoto mistero, parte della natura inconverti-

bile:

 

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‘L’uomo della foresta ben può attrarre la compassione dei coloni.

La sua figura dritta e perfetta, benché mostrasse qualche irrego-

lare virtù, era congiunta a un’anima sminuita. Padrone d’ogni 

arte boschereccia pareva parte della foresta e del lago, ed il se-

greto della sua stupefacente perizia pareva la sua partecipazione

alla natura ed ai feroci istinti delle bestie che uccideva. Coloro

che abitavano presso i laghi ed i fiumi avevano qualche traccia

di civiltà, ma i cacciatori della tribù si svelarono intrattabili al

catechismo. Thomas Hooher, anticipando le opinioni di Hum-

boldt, li chiamò ‘rovine dell’umanità’. 

(E. Zolla, I letterati e lo sciamano)






 

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