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Abbiamo visto come sui delatori incomba una minaccia
escatologica: essi hanno peccato contro lo Spirito e la loro
sorte rimane affidata alla misericordia di Dio, sempreché
siano creature sue.
Non è da escludersi che essi appartengano, anima e corpo,
alla creazione diabolica, che siano dei diavoli, e non soltan-
to dei posseduti.
Ma è chiaro che certezze di tal natura non potevano sosti-
tuire, per i credenti, l’utile immediato che potevano aspet-
tarsi da una eliminazione preventiva o da una vendetta
appropriata.
Gli esempi non mancano nei confronti degli inquisitori o
dei delatori, in Linguadoca, in Germania e in Italia nel XIII
sec. L’unico problema sta nel sapere che atteggiamento te-
nesse, ufficialmente o ufficiosamente, la Chiesa catara in
presenza di comportamenti siffatti, considerando le rego-
le alle quali i perfetti dovevano sottostare.
Si sono avute, infatti, procedure sommarie di questo ge-
nere, delle quali i credenti non hanno potuto fare a meno
di mettere a parte la loro Chiesa, come quella che fu pro-
mossa da Montségur contro gli inquisitori che avevano
preso stanza ad Avignonet nel 1242, o la cattura di un
falso begardo, spia dell’Inquisizione, smascherato dal
nipote di Pietro Autier che era domenicano, poco dopo
il 1300.
Sibilla Peyre…sentì dire a Pietro e a Giacomo Autier che
avevano un grande amico al convento dei Predicatori di
Pamiers, chiamato Fratel Raimondo di Rodès, il quale fa-
ceva la spia per loro, di modo che se si tramava o si ap-
parecchiava qualcosa contro di loro a Pamiers o in pia-
nura glielo faceva sapere o inviava un messaggero affin-
ché prendessero delle precauzioni.
Un begardo di nome Gugliemo Dejean aveva tramato,
d’accordo con certi Frati Predicatori di Pamiers, che a-
vrebbe finto di essere amico degli eretici e di entrare a
far parte della loro setta, affinché la Chiesa potesse ar-
restarli.
Il nominato Fratel Raimondo mandò un messaggero
allo stesso Pietro Autier, che in quel momento si tro-
vava vicino ad…. (Deposizione di Gugliemo di Rodès,
fratello del domenicano).
Il gentiluomo Filippo di Larnat Larnat e Pietro Delaire
mi hanno detto che una notte incontrarono il begardo
sul ponte d’Alat; lo presero e lo imbavagliarono in mo-
do che non potesse gridare e lo condussero sui monti
sopra Larnat.
Qui giunti, gli domandarono se era vero che voleva cat-
turare quei perfetti. Lui l’ammise. Allora Filippo e Pietro
lo precipitarono immediatamente da grande altezza in
fondo ad un baratro o un antro, cosìcché non lo si rivi-
de più.
All’inizio del XIV secolo, i perfetti sarebbero stati gli
istigatori, con parole velate, di tali misure estreme:
Se avete il sospetto che un credente sia un falso (fratello)
e vi denunci oppure se un cattolico vi perseguita, un cre-
dente lo riveli a monsignore (cioè il perfetto). Egli radu-
nerà quanti più è possibile di credenti dei quali si fida e
dice loro: ‘Ecco qua! fra di noi c’è un falso fratello, ve-
diamo che cosa sapete fare’.
Belibasta arriva al punto di fornire un’autorità scrit-
turistica a sostegno di tali assassini:
Il figlio di Dio ha detto che bisogna estirpare l’erba
cattiva dal campo, e che se i cattivi rovi arrivano al-
la porta di casa bisognavatagliarli e bruciarli.
L’erba cattiva e i rovi sono i cattivi e falsi credenti
che vogliono denunciare i ‘bonshommes’ e i buoni
credenti e distruggere la Chiesa di Dio.
Bisogna estirparli e tagliarli, il che significa che bi-
sogna eliminarli con ogni mezzo, col veleno, col pu-
gnale, oppure gettarli in un precipizio, o in qualche
altra maniera.
Non si può trarre una regola generale da notizie come
queste, poiché va tenuto conto della situazione e dell’-
epoca in cui si collocano, e la deposizione (di uno spio-
ne, in particolare) non va esente da sospetto.
Sembra da escludere che un perfetto possa aver dato
direttammente l’ordine o il consiglio di uccidere.
Ma non è neanche da escludere il ricorso ad espressio-
ni ambigue, che d’altronde corrispondono esattamente
alla formula della cessione al braccio secolare da parte
della Chiesa cattolica.