PER ASCOLTARE SOLO I POTENTI CIARLARE

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la tecnologia

 

 

 

 

 

Un noto parlamentare americano, ritiene che il 5% delle azioni

di una grande impresa sia a volte sufficiente perché un individuo,

una famiglia, o un gruppo economico possa detenerne il completo

controllo.

Se il 5% basta per detenere l’egemonia sulle onnipotenti imprese

statunitensi, quale percentuale di azioni è necessaria per controllare

un’impresa latino-americana?

In effetti, basta anche meno: le società miste, che costituiscono uno

dei pochi motivi d’orgoglio ancora consentiti alla borghesia, danno

soltanto decoro al capitale straniero con la partecipazione di capitali

nazionali che possono anche essere maggioritari ma non sono mai

decisivi a paragone della potenza dei coniugi che vengono da fuori.

Spesso, è lo stato stesso ad associarsi all’impresa imperialista che, in

questo modo trasformata in impresa nazionale, ottiene tutte le garan-

zie più ambite e un generale clima di collaborazione per non dire

addirittura di affetto.

La partecipazione ‘minoritaria’ dei capitali stranieri viene giustifi-

cata, di solito, in nome della necessità di trasferire tecniche e bre-

vetti.

La borghesia latino-americana, borghesia di mercanti senza capa-

cità creative, legata con il cordone ombellicale al potere della terra,

s’inchina davanti agli altari della dea Tecnologia.

Se, come prova di denazionalizzazione, si prendessero in considera-

zione le azioni in mano straniera, per quanto poche, e la dipendenza

tecnologica, che ben di rado è poca, quante fabbriche potrebbero

essere a buon diritto ritenute davvero nazionali, in America Latina?

In Messico, per esempio, accade spesso che i proprietari della tecno-

logia esigano una parte del pacchetto azionario delle imprese, oltre

ai decisivi controlli tecnici e amministrativi, all’obbligo di vendere

la produzione a determinati intermediari anch’essi stranieri, e di

importare macchinari e altri beni dalla loro casa-madre, in cambio

di contratti per il trasferimento di brevetti o know-how.

Ma non succede soltanto in Messico.

E’ significativo che i paesi del cosiddetto Gruppo Andino abbiano

elaborato un piano per applicare un comune regime ai capitali stra-

nieri nell’area, che si basa sul rifiuto dei contratti che contengono

condizioni come quelle indicate. Inoltre, propone che i vari paesi

respingano le pretese straniere, padrone dei brevetti, di stabilire i

prezzi dei prodotti fabbricati loro tramite o di proibirne l’esporta-

zione in determinate nazioni.

Il primo sistema di brevetti, teso a proteggere la proprietà delle

invenzioni, venne creato quasi quattro secoli fa da sir Francis Ba-

con. Bacon era solito proclamare che ‘la scienza è potere’, e fu

subito evidente che aveva ragione.

In effetti, la scienza universale ha ben poco di universale; è obiet-

tivamente confinata entro le frontiere delle nazioni avanzate. 

L’America Latina non applica a proprio vantaggio i risultati della

ricerca scientifica per la semplicissima ragione che manca di una

ricerca scientifica, e pertanto si condanna a subire la tecnologia dei

potenti, che punisce i detentori di materie naturali, senza riuscire a

creare una propria tecnologia che difenda e sostenga il suo sviluppo.

Il puro e semplice trapianto della tecnologia dei paesi avanzati

implica non solo la subordinazione culturale e, in ultima analisi,

la subordinazione economica, ma non risolve neppure i problemi

del sottosviluppo come dimostrano quattro secoli e mezzo di 

esperienza nella moltiplicazione delle oasi di modernità importate

in deserti d’arretratezza.

Questa vasta regione d’analfabeti investe nelle ricerche tecnologi-

che una somma duecento volte inferiore a quella che gli Stati Uniti 

destinano allo stesso fine. 

Nel 1970, negli Stati Uniti c’erano 50.000 computer e in America

Latina neppure 1000. E negli Stati Uniti si disegnano modelli elet-

tronici e si elaborano i linguaggi di programmazione che poi l’Ame-

rica Latina importa. 

Il sottosviluppo latino-americano non è una tappa nel cammino

verso lo sviluppo, anche se si ‘modernizzano’ le sue deformità.

La regione va avanti senza liberarsi della struttura della propria

arretratezza e a nulla vale, osserva Manuel Sadosky, il vantaggio

di non partecipare al progresso con programmi e obiettivi propri. 

I simboli della prosperità sono anche simboli della dipendenza.

Si ‘riceve’ la tecnologia moderna come nel secolo scorso si ricevet-

tero le ferrovie, al servizio di interessi stranieri che modellano e

rimodellano lo stato coloniale dei nostri paesi.

(E. Galeano, Le vene aperte dell’America Latina)

 

 

 

 

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