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A questo punto si inserisce l’opinione degli antichi storici cinesi.
Per loro, i Tibetani propriamente detti, quelli il cui regno ha unificato
il paese all’alba della sua storia, I Tufan, sono un ‘ramo’ dei Qiang
(Chiang).
Questi Qiang sono noti attraverso documenti cinesi sin da circa il
XIV secolo avanti la nostra era, e fino ai nostri giorni. Erano dappri-
ma i vicini occidentali dei Cinesi (dinastie Shang e Zhou), a nord-
ovest della Cina. Intorno all’inizio della nostra era avevano popolato
le zone di confine sino-tibetane, dal Kokonor fino al Sichuan.
Nel momento in cui il potere regale tibetano dei Tufan faceva la
sua comparsa nello Yarlung, due importanti paesi di popolazione
Qiang occupavano l’attuale Kham, o Tibet orientale: il ‘Paese delle
donne’ e il paese di Fu.
Questi Qiang erano collegati a un’altra popolazione del nord-est
tibetano, i Sumpa (in tibetano) o Subi (in cinese), mentre più a nord,
nell’attuale Amdo, si sovrapponevano a una popolazione turco-
mongola venuta dalla Manciuria, i Tuyuhun (in cinese) o Azha
(tibetano) che vi avevano fondato un regno.
Questa popolazione mista, il cui territorio fu chiamato Minyag dai
Tibetani, si è conservata nella regione del Kokonor e nel nord-est
della Cina, ove si è organizzata in stato, il Xi Xia, dal 1032 al 1226.
In precedenza, ancor prima dell’arrivo di queste popolazioni turco-
mongole, i Qiang avevano assorbito, nella medesima regione, i resti
di un popolo indoeuropeo, gli Yuezhi, i quali erano stati costretti,
all’inizio della nostra era, ad emigrare ad ovest.
Toscari o Indosciti, essi fondarono stati importanti che, a loro volta,
hanno lasciato tracce alla frontiera del Tibet. Gruppi di Qiang vivo-
no ancora oggi sulle montagne delle zone di confine sinotibetane;
hanno lingua, credenze e costumi di fatto affini a quelli Tibetani.
E, come i Tibetani, si dicevano, già nel VII secolo, discendenti da
una scimmia; hanno in comune con i Tibetani un elemento impor-
tante delle loro concezioni relative al capostipite e al Cielo, e in
esse il montone bianco e la scimmia svolgono un ruolo di primo
piano; infine, è appunto presso di loro che gli storici cinesi segna-
lano sin dal VII secolo alcune costruzioni monumentali in pietra,
sorte di torri o case fortificate, ancor oggi frequentati nelle loro
terre, ma che si trovano anche nel Kongpo e nel Lhobrag, e sem-
brano essere i prototipi dell’architettura tibetana in generale.
E così, l’idea che bisogna farsi degli antichi Tibetani è un po’ di-
versa da quella che più spesso viene in mente quando si parla di
nomadi, allevatori di yak e di cavalli sulle steppe degli altipiani
del nord.
Si dovrebbe pensare, piuttosto, ad alpeggi ai margini di fitte fo-
reste, e ad uomini che frequentano entrambi gli ambienti. Non che
il grande allevamento, tipico dei pastori del nord, non sia divenuto
ben presto una parte integrante della civiltà tibetana: il regno tibe-
tano dello Yarlung, sviluppatosi, estese rapidamente il suo potere
verso il nord-est; Sumpa e Azha furono sottomessi e presto assimi-
lati (VI-VII secolo), e finirono con l’essere niente altro che clan e
distretti tibetani.
Sin da allora troviamo, nei testi di poco posteriori, lunghi racconti
folkloristici sulla inimicizia fra cavalli e yak.
(R.A. Stein, La civiltà Tibetana)