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La mia immaginazione, ormai meno vivace, non s’infiamma
come una volta alla contemplazione dell’oggetto che la com-
muove; m’inebrio meno del delirio delle fantasie; c’è piuttos-
to ricordo che creazione in quello che ormai esse generano;
un tiepido languore snerva le mie facoltà, lo spirito vitale si
estingue in me a grado a grado; la mia anima non si slancia
che con fatica fuori dal suo caduco involucro; e senza la spe-
ranza dello stato cui aspiro,
sentendo di averne diritto non esisterei altro che nei ricordi,
di modo che per contemplare me stesso prima del declino,
bisogna che risalga indietro almeno di qualche anno, al tem-
po in cui, perduta sulla terra ogni speranza e non trovando-
vi alimento per il cuore, mi assuefeci a poco a poco a nutrir-
lo della sua propria sostanza e a cercare ogni suo cibo dentro
me stesso.
Questa risorsa, che scoprii troppo tardi, divenne sì fecon-
da da bastare presto a compensarmi del tutto.
Assuefacendomi a rientrare in me stesso, perdetti infine
il sentimento e quasi il ricordo dei miei mali. E imparai
per mia propria esperienza che la fonte della vera gioia
sta in noi, e che non dipende dagli uomini di rendere ve-
ramente miserevole chi sa voler essere felice.
Da quattro o cinque anni assaporavo le delizie intime
che trovano nella contemplazione le anime miti e amo-
rose.
I rapimenti le estasi che provavo talvolta passeggiando
da solo, erano gioie che dovevo ai miei persecutori: sen-
za di essi non avrei mai trovato e conosciuto i tesori che
portavo in me.
In mezzo a tante ricchezze, come tenerne un registro fe-
dele?
Volendo rammentare tante dolci fantasie, in luogo da
descriverle, ricadevo in esse. Un tale stato, il ricordo lo
ricrea; si cesserebbe subito di conoscerlo, cessando di
sentirlo.
Assai bene provai quest’affetto nelle passeggiate che
seguirono il disegno di scrivere il séguito alle mie…..
Confessioni, e soprattutto in quella di cui sto per
parlare.
Giovedì, dopo pranzo seguii i boulevards sino alla via del
Chemin Vert, per la quale guadagnai le alture di Ménilmon-
tant; di qui, prendendo i viottoli per vigneti e praterie, tra-
versai sino a Charonne il ridente paesaggio che divide questi
due borghi; svoltai, quindi, per tornare in quelle stesse prate-
rie, prendendo un altro sentiero.
Mi divertivo a percorrerle col piacere e l’interesse che mi
hanno sempre dato i siti ameni, fermandomi talvolta a e-
saminare alcune piante nella verzura.
Ne scorsi due che assai di rado vedevo intorno
a Parigi, e che abbondavano in quella parte: l’una era il
Picris hieracioides della famiglia delle composte, l’altra il
Buplevrum falcatum della famiglia delle ombrellifere.
La scoperta mi aveva rallegrato e divertito a lungo, ter-
minando con quella d’una pianta più rara, soprattutto
in una regione elevata, ossia il Cerastium aquaticum, che,
malgrado l’incidente accadutomi nello stesso giorno, ho
trovato in un libro che portavo con me, e ho messo poi
nell’erbario.
Con queste piante, i miei soavi ricordi veleggiarono a
quelle belle ninfe, che dagli alti monti son scese fin al
mare per allietarci con i loro colori, amori, passioni…
e beati piaceri…..
(J.J. Rousseau, Le passeggiate solitarie)