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L’aumento del numero degli schiavi costituisce una
delle più gravi conseguenze delle vittorie di Roma,
perché i nuovi schiavi venivano allora reclutati so-
prattutto tra i prigionieri di guerra.
Si ritiene che l’apogeo del sistema schiavistico nell’-
antichità debba esser posto verso la fine del II secolo
a. C. La sorte degli schiavi divenne allora del tutto
diversa da quella degli inizi della repubblica, quan-
do la differenza tra lo schiavo e il figlio di famiglia
era ridottissima.
Nonostante l’aumento del numero degli schiavi, il
prezzo medio di uno di essi passò da duecento a
cinquecento denari tra il III e il II secolo.
Duri verso gli schiavi, i Romani sono benevoli nei
confronti dei liberti, ed aprono ai loro discendenti
l’ingresso alla cittadinanza.
Nel 73 scoppiò la sollevazione degli schiavi d’Italia.
Essa ebbe inizio nelle scuole di gladiatori di Capua:
i rivoltosi, comandati dal trace Spartaco, più greco
che barbaro, e dal gallo Crixus, occuparono il crate-
re del Vesuvio e vinsero il pretore che tentò di slog-
giarli.
Successivamente ricevettero rinforzi costituiti da
pastori dell’Appennino, e si divisero in due bande,
formate forse l’una da schiavi di lingua italica, l’-
altra da schiavi di lingua greca, comandate rispet-
tivamente da Crixus e Spartaco.
Essi diedero a saccheggiare l’Italia meridionale.
Crixus era dell’avviso di rimanere in Italia, Spar-
taco voleva riportare gli schiavi nei rispettivi
paesi d’origine.
Nel 72 il senato inviò contro loro i due consoli:
Crixus fu ucciso, Spartaco risalì verso il Piceno,
poi sconfisse nei dintorni di Mutina il governa-
tore della Cisalpina.
L’epilogo di tale vicenda si concluse con l’ucci-
sione di ben 6000 schiavi crocefissi lungo la via
Appia, tra Capua e Roma.
La guerra di Spartaco aveva messo chiaramente
in luce il pericolo che minacciava una società
‘schiavista’.
L’apogeo del commercio degli schiavi, stretta-
mente connesso con la guerra, con la pirateria,
con i bruschi trasferimenti di ricchezza, può
collocarsi tra il 200 e il 50 a.C..
E’ questo un tragico corollario della conquista
romana.
Gli schiavi formano una specie di società sotter-
ranea, con i suoi costumi, il suo diritto, la sua re-
ligione e, per vie invisibili, si trasmettono le loro
parole d’ordine da un capo all’altro del Mediter-
raneo.
Esiste anche una psicologia dello schiavo carat-
terizzata dalla brutalità, dall’infingardaggine,
non è possibile affidare agli schiavi strumenti
delicati.
Tra di essi, gli uomini più numerosi delle don-
ne: di qui una tendenza alla poliandria; la
‘communis amica’ è un personaggio tipico di
Plauto.
Gli schiavi hanno loro dèi particolari, soprat-
tutto ‘Sanctus Silvanus’, dio irsuto e poco so-
cievole, al quale essi stessi assomigliano.
Lo stato riserva loro pene speciali, alle quali
solo essi hanno diritto, la frusta e la croce.
Naturalmente, questa opposizione mantiene
vivo il terrore reciproco tra padrone e schiavo.
Le leggi eccezionali contro le violenze riguardano
particolarmente gli schiavi; la prima di esse è la
‘lex Lutatia’ del 78.
Silla fa votare una ‘lex Cornelia’, che ordina di
torturare tutti gli schiavi di un padrone assassina-
to: anche in questo caso egli si dimostra un precur-
sore di Augusto.
(A. Piganiol, Le conquiste dei romani)