OPERAZIONE ODESSA (chi aiutò Mengele e Eichmann…?)

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Il 17 gennaio 1945 Mengele raccolse le note della sua sperimenta-

zione sui gemelli (in appunti, diari …e disegni), zoppi e nani nel

campo di sterminio di Auschwitz, caricò le carte e i campioni di

sangue su un’auto e iniziò la sua lunga fuga dalla giustizia.

Si lasciò alle spalle gli innumerevoli atti di crudeltà criminale

che gli avrebbero conferito uno status senza uguali tra gli assas-

sini nazisti.

 

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Chiamato a dirigere il campo femminile della vicina Birkenau

allorché giunse nel complesso di Auscwitz dal fronte russo nel

1943, Mengele aveva risolto i problemi di scarsità di cibo o di

epidemie di tifo mandando a morte fino a 4000 donne al giorno.

Smessa l’uniforme da SS, Mengele vestì i panni di un normale

medico dell’esercito tedesco e si unì a un’unità militare in riti-

rata.

Affidò i suoi appunti a un’infermiera con cui aveva allacciato

una relazione. Allorché l’unità fuggì incalzata dalle truppe so-

vietiche, il nome di Mengele iniziò a spuntare come uno dei

criminali di guerra nazisti più ricercati.

 

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Il suo primo ingresso documentato nell’elenco degli alleati fu

nell’aprile 1945. A maggio la Commissione crimini di guerra

delle Nazioni Unite lo ricercava per ‘omicidio di massa e altri

crimini’.

I rapporti sulle atrocità da lui perpetrate iniziarono a essere

trasmessi alla radio alleata. 

A giugno la sua unità fu catturata dalle truppe americane nella

cittadina tedesca di Weiden. Anche l’infermiera che conserva i

suoi preziosi appunti venne arrestata ma subito rilasciata.

Mengele fece in modo che fosse protetta e promossa di grado.

Benché fosse registrato nel campo di detenzione con il suo vero

nome, gli americani non si resero conto che Mengele era un

criminale di guerra ricercato, o finanche che era un ufficiale

della SS, semplicemente perché a differenza degli altri ufficiali,

allorché era entrato nelle SS nel 1938 si era rifiutato di farsi

controllare o tatuare sul braccio il proprio gruppo sanguigno.

Questo non significa che non fosse ricercato: l’11 giugno 1945

tre poliziotti militari americani si erano presentati alla porta

di casa della moglie Irene ad Autenreid chiedendo dove fosse

il marito.

 

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A settembre Mengele fu rilasciato dall’esercito americano nel-

la sua natia Baviera. Mentre si trovava nel campo di prigionia

aveva ottenuto un documento di rilascio alleato redatto a nome

di un altro medico, Fritz Ulman, che egli alterò in modo che

si leggesse Fritz Hollmann.

Con questo documento in tasca si recò nella zona tedesca occu-

pata dalla Russia, trovò l’infermiera alla quale aveva affidato

gli appunti e i campioni e quindi si ritirò a Monaco, lasciando

una cospicua rendita per l’aiuto offerto, e si nascose a casa 

di amici.

 

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Nell’ottobre 1945 Mengele aveva già trovato impiego presso

una piccola fattoria a Mangolding, in Baviera. Lì visse indis-

turbato da allevatore per tre anni, mentre la stampa pubblicava

rapporti sui suoi orrendi crimini e il suo nome saltò fuori ai

processi di Norimberga (accusato di strage e genocidio).

Ma sebbene fosse riuscito a sfuggire al braccio della legge, nel-

la mente di Mengele prese a svolgersi un lungo, infinito proces-

so.

Verso aprile 1948 Mengele iniziò a organizzare la propria fuga

in Argentina. Al pari di altri criminali di guerra, i suoi docu-

menti di viaggio furono preparati con estrema cura, Mengele

si trovava in mano a dei veri professionisti: anziché acquisire

un nome fasullo o un documento falso, il medico di Auschwitz

cambiò completamente identità.

 

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Il sistema impiegato consistette nel trasferirlo in Italia setten-

trionale camuffato da altotesino di lingua tedesca. Cosa interes-

sante, il vescovo Alois Hudal a Roma aveva sollevato la ques-

tione degli ufficiali delle SS incriminati in Italia settentrionale

con il cardinal Montini, che guardava il loro caso con simpatia.

Nel periodo post-bellico Hudal tenne una fitta corrispondenza

con questi uomini, organizzando il trasferimento in Argentina

per molti di essi. 

I servizi segreti americani sapevano che i ‘tedeschi nazisti’ incri-

minati stavano attraversando il confine con l’Italia. Un rapporto

del 1947 sosteneva che viaggiassero ‘via Treviso e Milano al

solo scopo di ottenere dei documenti d’identità falsi…e rientra-

re legalmente nelle zone di occupazione britannica, francese o

americana’. 

Mengele superò se stesso, divenne anche giudice in una contro-

versia, nella quale pensò risolvere talune questioni di carattere 

medico-legale.

Proprio questo, comunque, fu il metodo impiegato da Mengele

ed Eichmann per procurarsi documenti falsi per il successivo

passaggio in Argentina.

 

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Tra aprile e giugno 1948 i due criminali SS ricevettero un docu-

mento di identificazione dal comune di Termento. Attraverso la

carta d’identità numero 114, Mengele divenne Helmut Gregor,

mentre la carta numero 131 trosformò Eichmann in Riccardo

Klement.

(U. Goni, Operazione Odessa)

 

 

 

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